Il razionale di una attenta applicazione dei protocolli di tromboprofilassi risiede in molteplici considerazioni che la pratica medica quotidiana ci detta:

  • la maggioranza dei pazienti ospedalizzati presenta dei fattori di rischio per tromboembolismo venoso (VTE)
  • la trombosi venosa profonda (DVT) è comune in molti gruppi di pazienti ospedalizzati
  • DVT e VTE ad insorgenza ospedaliera sono solitamente silenti
  • è difficile preveder quale tra i pazienti a rischio presenterà VTE sintomatico
  • lo screening dei pazienti a rischio con l’esame fisico o con metodiche non invasive non è efficace né clinicamente né da un punto di vista del rapporto costo/beneficio
  • la mancata prevenzione del VTE ha come conseguenze la DVT sintomatica, l’embolia polmonare (PE) sintomatica, la PE fatale, gli alti costi di indagine sui pazienti sintomatici, i rischi emorragici della terapia del VTE, i rischi di ricorrenza di VTE in futuro, la sindrome postflebitica cronica.

D’altra parte è ben nota l’alta efficacia della tromboprofilassi nel prevenire la DVT, ed in particolare la sua forma prossimale, nonché la PE sintomatica e fatale. ( Second Thromboembolic Risk Factors (THRiFT II) ConsensusGroup. Risk of and prophylaxis for venous thromboembolismin hospital patients. Phlebology 1998; 13:87–97. Geerts WH, Heit JA, Clagett GP, et al. Prevention of venous thromboembolism. Chest 2001; 119:132S–175S. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Prophylaxis of venous thromboembolism: a national clinical guideline. 2002; SIGN publication No. 62. Available at: http://www.sign.ac.uk . Sullivan SD, Kahn SR, Davidson BL, et al. Measuring the outcomes and pharmacoeconomic consequences of venous thromboembolism prophylaxis in major orthopaedic surgery. Pharmacoeconomics 2003; 21:477–496).

La gravidanza è notoriamente accompagnata da uno sbilanciamento emocoagulativo in senso pro-coagulante che condiziona un’aumentata incidenza di VTE in questo periodo. Stime approssimative accreditano una incidenza dello 0,07-0,13 % di DVT durante la gravidanza e uno 0,03-0,06% di DVT in puerperio a fronte di un’incidenza dell’1/10000 nelle donne non gravide in età fertile (Macklon NS et al: Venous tromboembolic disease in obstetrics and gynecology: the Scottish experience. Scot Med J 1996;41: 83-86 ).La frequenza dell’embolia polmonare varia a seconda dell’età materna e della modalità del parto ed è stimata tra 0,2-1/1000 parti.

La precoce individuazione dei casi ostetrici a rischio di DVT, in cui iniziare una tromboprofilassi, e la diagnosi precoce dei casi con VTE in atto, in cui iniziare una terapia anticoagulante, rappresentano i caposaldo dell’intervento ostetrico volto a ridurre la mortalità materna da tromboembolismo (CEMACH 2007 The seventh report of the confidential enquiries into maternal deaths in United Kingdom).
La periodica stesura delle “ Evidence-Based Clinical Practice Guidelines” dell’American College of Chest Physicians rappresenta un momento di sintesi sistematica della letteratura inerente la prevenzione del VTE e fornisce raccomandazioni basate sull’evidenza.
Per quanto attiene le problematiche connesse con la gravidanza le categorie di interesse sono raggruppate nelle seguenti fattispecie:

  1. prevenzione del VTE ricorrente nella gravida
  2. prevenzione del VTE correlato alla gravidanza nelle pazienti trombofiliche
  3. prevenzione delle complicanze ostetriche nelle pazienti trombofiliche
  4. prevenzione della ricorrenza di preeclampsia nelle pazienti non trombofiliche
  5. trattamento anticoagulante nella gravida con protesi valvolare cardiaca.

1. Prevenzione del VTE ricorrente nella gravida

Per le gravide con un singolo episodio di VTE, associato ad un fattore di rischio transitorio, non più presente e senza trombofilia il consiglio è per l’osservazione clinica prepartale associato a profilassi con anticoagulanti in puerperio (grado 1 C).Tale raccomandazione è rimasta stabile nelle linee guida 2001-2004-2008.
Nel caso il primo episodio sia correlato all’assunzione estrogenica o alla gravidanza il consiglio è per l’osservazione o per la profilassi con eparina a basso peso (LMWH) o non frazionata (UFH) a dosi profilattiche o intermedie più profilassi anticoagulante in puerperio (2C). Tale raccomandazione è stata modificata dalla stesura 2004 che non prevedeva l’opzione per la sola osservazione in periodo antepartale.

Per le donne con un singolo episodio di VTE di natura idiopatica e non trombofiliche, e quindi non sottoposte ad anticoagulazione cronica, è raccomandata profilassi a dosi profilattiche od intermedie di LMWH o UFH o sorveglianza durante la gravidanza più anticoagulazione in puerperio (grado 1C). Rispetto alle linee 2004 nulla è cambiato se non la forza della raccomandazione che allora era 2C.

Per le donne con trombofilia confermata ed un singolo episodio di VTE, ma che non assumono anticoagulazione cronica la raccomandazione è per LMWH o UFH a dosi profilattiche o intermedie o osservazione in gravidanza associati ad anticoagulazione in puerperio (grado 1C). Rispetto alle linee 2004 è stata reintrodotta l’opzione osservazione clinica in gravidanza, presente già nelle linee 2001 e poi rimossa.

Per le donne con stato trombofilico più severo (deficit AT III, persistenza di positività per Ac antifosfolipidi, omozigosi V Leiden o variante protrombinica , o doppia eterozigosi) che hanno avuto un singolo episodio di VTE, ma che non ricevono anticoagulazione cronica l’indicazione è per LMWH o UFH a dosi profilattiche o intermedie in gravidanza, associate ad anticoagulazione in puerperio (grado 2C). Rispetto alle linee 2004 è stata aggiunta la possibilità di usare dosi profilattiche (più basse).

Per le donne con episodi multipli di VTE, ma non sottoposte ad anticoagulazione cronica è raccomandata LMWH o UFH a dosi profilattiche, intermedie o aggiustate associate all’anticoagulazione in puerperio (grado 2C). Rispetto alle linee 2004 sono state introdotte le opzioni per profilassi a dosaggio più basso, mentre precedentemente era contemplata la sola dose aggiustata.

Per le donne in anticoagulazione cronica per pregressi episodi di VTE la raccomandazione è per LMWH o UFH a dosi aggiustate, o a dosi pari al 75% della dose aggiustata o a dosi intermedie in gravidanza con la riassunzione della terapia anticoagulante cronica in puerperio (grado 1C). Anche in questo caso la novità è data dalla opzione di dosaggio al 75%, mentre precedentemente vi era la sola possibilità della dose piena aggiustata.

2.  Prevenzione del VTE correlato alla gravidanza nelle pazienti trombofiliche

Per le gravide con stato trombofilico noto e senza precedenti episodi di VTE non viene raccomandato l’uso routinario di una profilassi farmacologia, ma piuttosto una valutazione individualizzata del grado di rischio (grado 1C). Successivamente vi è l’opzione tra la sorveglianza clinica e l’utilizzo di UFH o LMWH a dosaggio profilattico come già previsto nelle precedenti linee guida. Resta comunque ferma l’indicazione alla profilassi farmacologia in puerperio. Per le sole pazienti con difetto di ATIII è consigliata la profilassi farmacologica in gravidanza e puerperio (grado 2C), mentre precedentemente questo consiglio era esteso anche alle omozigoti V° Leiden e protrombina o alle doppie eterozigoti per le stesse mutazioni.

3.  Prevenzione delle complicanze ostetriche nelle pazienti trombofiliche

Per le gravide con pregressi episodi di perdita gravidica precoce (3 o più aborti) o con preeclampsia o IUGR precoci o severi è consigliato lo screening per la presenza di una sindrome da anticorpi antifosfolipidi. Per le gravide con positività al riscontro di anticorpi antifosfolipidi, in assenza di episodi di tromboembolismo venoso o arterioso, è consigliata una profilassi antepartale con UFH a dosi profilattiche o intermedie o con LMWH a dosi profilattiche combinata con l’aspirina a bassa dose. Non vi sono altre indicazioni relativamente al riscontro in tali casi di trombofilia ereditaria. Precedentemente in tali situazioni era consigliata la profilassi eparinica a dose profilattica associata all’aspirina a bassa dose. Parimenti non vengono date indicazioni sui casi con riscontro di anticorpiantifosfolipidi in assenza di episodi tromboembolici precedenti o storia di complicanze ostetriche che, precedentemente, erano candidate alla osservazione clinica o, in alternativa, alla profilassi eparinica o, in alternativa, alla profilassi con aspirina a bassa dose.

4. Prevenzione della ricorrenza di preeclampsia nelle pazienti non trombofiliche

Per le donne ad alto rischio di preeclampsia viene raccomandata la profilassi con aspirina a bassa dose per tutta la gravidanza, ma viene sconsigliata la profilassi eparinica nelle donne con pregressa preeclampsia.

5. Trattamento anticoagulante nella gravida con protesi valvolare cardiaca

Per le donne con protesi valvolari cardiache di tipo meccanico, che rappresentano una popolazione ad alta mortalità in caso di trombosi valvolare, il problema della tromboprofilassi è di primaria importanza e viene percepito come preminente rispetto ai rischi che tale assunzione farmacologica può comportare, anche a livello fetale. Le linee guida più recenti mantengono l’approccio farmacologico con LMWH a dosaggio aggiustato, associato ad aspirina nei casi ad alto rischio. Gli anticoagulanti orali sono previsti in quella finestra di sicurezza che va dalla 13 settimana fino in prossimità del termine. Per i casi percepiti come a rischio molto elevato il passaggio da anticoagulanti orali ad eparina, pur considerando i potenziali rischi sul feto, può essere fatto unicamente in prossimità del parto.

Una considerazione a parte merita la tromboprofilassi dopo taglio cesareo che, in assenza di fattori di rischio aggiuntivi, non deve essere altra se non la mobilizzazione precoce (grado 1B).

Per le pazienti con un fattore di rischio aggiuntivo al cesareo la scelta è per una tromboprofilassi farmacologica (UFH o LMWH a dose profilattica per il tempo di degenza) o meccanica (calza elastica o compressione pneumatica intermittente ) (Grado 2 C). Per le donne considerate a rischio molto alto, che assommano fattori multipli, le due misure vanno usate in associazione (Grado 2 C). Tale atteggiamento clinico non è variato significativamente rispetto a quanto suggerito dal RCOG Working Party on Prophylaxis against Thromboembolism in Gynaecology and Obstetrics del 1995, che rappresentava l’unico documento del passato a discutere di profilassi tromboembolica per il taglio cesareo.

In definitiva le ultime indicazioni in tema di profilassi tromboembolica ostetrica (CHEST 2008; 133:844S–886S) rappresentano un continuo con le precedenti raccomandazioni di cui smorzano leggermente la foga in tema di profilassi farmacologica. Infatti, accanto ad una reiterata affermazione sulla validità della tromboprofilassi meccanica (calza antitrombo e compressione pneumatica intermittente) di cui viene magnificata l’efficacia preventiva (quasi paragonabile a quella del farmaco) in assenza totale di effetti collaterali negativi, introducono possibilità comportamentali di osservazione, precedentemente non previste, in campi quali il precedente VTE associato alla gravidanza o ad estrogenoterapia e anche nelle pazienti trombofiliche con un pregresso episodio di VTE (ma non deficienti di AT III, omozigoti o doppie eterozigoti V Leiden e protrombina o con Ac antifosfolipidi) In queste ultime situazioni la profilassi farmacologica viene consigliata, ma viene introdotta anche la possibilità di profilassi a bassa dose, prima non prevista. Nelle stesse situazioni trombofiliche, tranne nei casi con deficit di AT III, se non sono riportati in anamnesi pregressi episodi di VTE, è possibile utilizzare per la gravidanza anche il solo regime di osservazione clinica.

Per le donne con episodi multipli di VTE, ma non anticoagulante cronicamente, di nuovo vi è l’opzione di profilassi farmacologica a dose bassa o intermedia, prima non prevista, ferma restando quella del dosaggio più alto. Per le donne in anticoagulazione cronica vi è pure la possibilità di una riduzione della dose eparinica del 25%, rispetto alla piena dose aggiustata sul peso, unica prima prevista.

Concludendo possiamo affermare che al medico viene teoricamente lasciato ampio margine comportamentale nelle varie situazioni cliniche elencate, con la richiesta però di costante atteggiamento valutativo del rischio nel singolo paziente. In questa valutazione i fattori da tenere in considerazione sono molteplici e ben rappresentati nella popolazione ostetrica. In accordo alla RCOG guideline 2004, sono precisamente costituiti da:

  • Previous VTE
  • Thrombophilia
  • Age over 35 years
  • Obesity (BMI>30 kg/m2)
  • Parity > 4
  • Gross varicose veins
  • Paraplegia
  • Sickle cell desease
  • Inflammatory disorders
  • Some medical disorders (nephrotic syndrome, certain cardiac deseases…)
  • Myeloproliferative disorders
  • Surgical procedures pre-postpartum
  • Hyperhaemesis
  • Dehidration
  • Ovarian hyperstimulation syndrome
  • Immobility > 4 days
  • Pre-eclampsia
  • Excessive blood loss
  • Long-haul travel
  • Prolonged labour
  • Midcavity instrumental delivery
  • Immobility after delivery

e possono condurre facilmente alla scelta di adottare una profilassi farmacologica quando vengono interpretati alla luce delle raccomandazioni (RCOG guideline 2004) che consigliano di profilassare le gravide con tre fattori di rischio presenti, le puerpere con due fattori di rischio presenti, ma lasciano al medico la facoltà di agire quando anche un solo fattore di rischio è presente: segnatamente di fronte all’obesità.

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