La sindrome di Klinefelter (prevalenza 1:660 nati vivi), definisce un gruppo di anomalie cromosomiche caratterizzate principalmente da ipoplasia dei genitali, infertilità, alta statura e deficit cognitivo. E’ la più comune anomalia cromosomica nei maschi.

Nei soggetti affetti vi è almeno un cromosoma sessuale in più rispetto al cariotipo maschile normale. Il cromosoma X supplementare può essere di origine sia materna che paterna e uno dei due cromosomi X va incontro a inattivazione, anche se alcuni geni possono ugualmente essere espressi influenzando così l’espressione fenotipica della sindrome.

Sono molte le caratteristiche cliniche che possono essere riscontrate in questa sindrome e la loro espressione può essere molto variabile tra i soggetti affetti. Le caratteristiche principali sono: Testicoli piccoli (> 95°p), Ipogonadismo ipergonadotropo (> 95°p), Ginecomastia (38-75%), Difficoltà del linguaggio (40%), Infertilità (91-99%). Tuttavia non è infrequente un fenotipo del tutto sovrapponibile a quello del maschio 46,XY, il che spiega i frequenti ritardi diagnostici (solo il 10% riceve una diagnosi prima della pubertà, quasi sempre in epoca prenatale) e le diagnosi mancate.

Di fronte al sospetto diagnostico è opportuno richiedere il cariotipo. Le modificazioni nella secrezione degli ormoni avvengono a un’ età media di 13 anni ove si assiste a una progressiva riduzione dei livelli di testosterone e un aumento dei valori di gonadotropine.

La presa in carico del paziente prevede la conferma diagnostica, l’avvio della terapia sostitutiva e il follow up nel tempo per monitorare l’efficacia della terapia, la funzionalità tiroidea, la glicemia e la densità ossea. Il trattamento medico consta della terapia sostitutiva con testosterone dai 12-14 anni di età (media pubertà) e va proseguita per tutta la vita. L’obiettivo della terapia consiste nel favorire il processo di virilizzazione attraverso lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, favorendo anche l’aumento della massa muscolare e il miglioramento della densità ossea. La terapia migliora anche la sfera cognitiva, implementando il livello di concentra- zione e favorendo le capacità relazionali. Recenti studi indicano che tale terapia migliori la sensibilità periferica all’insulina (prevenendo l’insorgenza del diabete), riduca la massa grassa e i li- velli sierici di colesterolo, leptina, e glucosio. Infine la terapia sembra trarre beneficio nel ridurre il rischio di carcinoma mammario e il rischio d’insorgenza di patologie autoimmuni, nel prevenire l’osteoporosi.

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