La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara, caratterizzata da alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisario associate a grave ipotonia nei primi due anni di vita, con successiva insorgenza di iperfagia che comporta il rischio di sviluppare obesità patologica.

La sindrome di Prader-Willi è causata dalla perdita di espressione di geni di origine paterna nella regione critica di P.W. sul cromosoma 15 (porzione contrassegnata come 15q11-q13). Ciò è legato ad un fenomeno di imprinting e questo significa che l’espressione del gene dipende dalla sua origine parentale. Per esempio, se si tratta di un gene di origine paterna, si avrà un fenotipo patologico quando l’alterazione interessa l’allele paterno, mentre si avrà un fenotipo normale se la stessa mutazione è localizzata sull’allele materno. Uno stesso fenotipo da alterazione di geni o regioni imprinted può essere causato nei diversi pazienti da meccanismi differenti: il 65-75% dei casi sono correlati ad una delezione del gene sul cromosoma paterno, il 30% dei casi sono dovuti ad una disomia uniparentale (la copia paterna del gene viene rimpiazzata da una seconda copia materna), il 2% dei casi sono dati da un difetto a carico del centro dell’imprinting o da una traslocazione cromosomica.

Nel primo anno di vita le principali manifestazioni sono l’ipotonia che determina difficoltà nella suzione e la scarsa crescita ponderale e un ritardo nello sviluppo psico-motorio che tende ad attenuarsi con l’età. La storia perinatale è spesso caratterizzata da scarsi movimenti fetali e posizione anomala al momento del parto. Sono descritte inoltre caratteristiche facciali peculiari tra cui fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso, mani e piedi molto piccoli. Successivamente caratterizzano il quadro l’iperfagia che causa obesità grave e le alterazioni endocrinologiche che determinano scarsa crescita e ipogonadismo. Sono comuni inoltre problemi comportamentali (testardaggine, temper tantrum, disturbo ossessivo-compulsivo) e ritardo mentale in entità variabile (da lieve a moderato).

Il test di metilazione del DNA permette di diagnosticare la sindrome nel 99% dei casi, è pertanto il primo test da eseguire nei casi di sospetto clinico ed è sufficiente per la sua conferma. Si basa sul fatto che in alcune sequenze della regione critica vi è uno stato di metilazione diverso a seconda che si tratti dell’allele paterno o materno. La determinazione del tipo di mutazione ha delle implicazioni per quanto riguarda il rischio di ricorrenza. Infatti, mentre le disomie uniparentali o le delezioni, sono in genere eventi sporadici con rischio di ricorrenza trascurabile, le delezioni del centro dell’imprinting sono già presenti in eterozigosi in un genitore sano, per cui il rischio di ricorrenza si aggira attorno al 50%. Se viene identificata una alterazione della metilazione saranno quindi necessarie ulteriori indagini genetiche al fine di identificare la classe genetica di appartenenza (FISH, CMA e SNPs).

La terapia consiste nel follow-up e trattamento delle singole manifestazioni cliniche. Nel primo anno di vita possono essere necessari supporti alla nutrizione. Successivamente vanno monitorati la crescita staturo-ponderale e lo stato endocrinologico per avviare eventuali terapie ormonali sostitutive. E’importante una presa in carico multidisciplinare, anche dal punto di vista cognitivo-comportamentale. In particolare per quanto riguarda la problematica dell’iperfagia si è dimostrato utile l’utilizzo di tecniche di tipo comportamentale, sebbene spesso si renda necessario anche l’utilizzo di barriere di tipo fisico (armadietti con chiave) e una stretta supervisione. I disturbi respiratori nel sonno sono molto comuni, interessando almeno il 70% dei bambini e giovani adulti affetti. E’ quindi indispensabile lo screening anamnestico volto ad indagare l’eventuale presenza di sintomatologia correlata alla sindrome delle apnee ostruttive, in particolar modo nei pazienti gravemente obesi con esecuzione di polisonnografia ed eventuale valutazione otorinolaringoiatrica. Nel caso di apnee ostruttive notturne, la perdita di peso rappresenta la prima misura terapeutica utile. Vista la difficoltà nel controllo del peso corporeo tuttavia si rende spesso necessario il ricorso alla adenotonsillectomia o nei casi più gravi e non responsivi l’utilizzo della CPAP notturna. La terapia con GH, soprattutto se avviata precocemente (prima dei due anni di vita), comporta un miglioramento della crescita staturale, della composizione corporea e della densità ossea e dovrebbe essere considerata tutti i bambini con sindrome di Prader-Willi e deficit di crescita che non presentino comorbidità tali da controindicarne l’utilizzo (obesità severa, diabete non compensato, problematiche respiratorie maggiori).

L’obesità e le sue complicanze cardio-vascolari rappresentano la principale causa di morbidità e mortalità negli adulti affetti da questa sindrome, i disordini respiratori sono problematiche di maggior rilievo in età infantile.

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