EMERGENZA COVID-19 | Psicologhe e psicologi del Burlo rispondono


Mio figlio fa fatica a uscire di casa… che succede?

Risponde la Dott.ssa Stefania Zamarian, Psicologa psicoterapeuta contrattista per il progetto psicologico sull’emergenza covid-19 della Direzione Sanitaria - Ufficio Continuità assistenziale dell’IRCCS Burlo Garofolo.


Problema:

Mio figlio fatica a frequentare il centro estivo. Quando usciamo di casa dice che ha mal di pancia e che non ci vuole andare, o, se devo andare a lavoro, piange e mi chiede quando torno.


Cosa succede?

Secondo recenti ricerche si è evidenziato un aumento di disturbi d’ansia nei bambini e negli adolescenti legati al periodo di “lockdown”. Nel caso specifico si può ipotizzare che il bambino possa manifestare i sintomi di un disturbo d’ansia da separazione che si caratterizza per un’eccessiva paura o ansia riguardante la separazione da casa o dalle figure di riferimento (reale o anche solo anticipata mentalmente).  Il disturbo può presentarsi in seguito ad un evento stressante (come ad esempio il Covid-19). Il bambino può piangere, arrabbiarsi, non lasciare andare la figura di riferimento quando deve uscire o quando pensa che lo farà o può avere paura a dormire da solo. Può manifestare dei sintomi fisici (mal di pancia, battito cardiaco accelerato, respiro corto…) o avere “pensieri ansiogeni”. I bambini più piccoli hanno una normale difficoltà a verbalizzare i loro pensieri (anche quelli paurosi e ansiogeni) e quindi, in questa situazione, ce lo dicono comunicandoci che quell’attività o quell’azione che gli stiamo chiedendo di fare, non la vogliono proprio fare. Diversamente i bambini più grandi o gli adolescenti possono riferire che hanno paura che possa accadere qualcosa a loro o ai propri famigliari. Inoltre gli adolescenti possono avere sintomi quali mal di testa, mancanza d’aria fino ad arrivare ad attacchi di panico o possono far fatica a rimanere fuori casa una notte o a partecipare a delle attività con i coetanei. Occorre tuttavia ricordare che nei bambini più piccoli, l’ansia di separazione è fisiologica e rientra in un normale processo di sviluppo.


Che fare?

Innanzitutto confrontarsi con esperti quando i sintomi hanno portata rilevante e si mostrano invalidanti per le attività di vita del bambino, portandolo ad un autoisolamento ed evitamento delle situazioni di vita. I sintomi devono persistere da almeno 4 settimane. Al contempo c’è qualcosa che possiamo fare per sostenerlo: diamo un nome a ciò che sta provando (“a volte si può provare paura quando si è lontani da mamma o da papà ed è normale”). Comprendiamo i suoi sentimenti e ascoltiamolo nelle sue paure senza minimizzarle. Mettiamo in risalto quando è riuscito a separarsi anche se è stato faticoso, ad esempio: Genitore:  “ieri quando sono uscita hai pianto perché non volevi…”.
Bambino: “si…”
Genitore: “ e poi ti ricordi cosa hai fatto? Hai preso il tuo orsacchiotto e la nonna ti ha abbracciato forte e ti sei calmato, poi mamma/papà è tornata/o e abbiamo giocato insieme, è stato faticoso per te ma ci sei riuscito!”.
Rimaniamo tranquilli nel momento della separazione, aiuterà il bambino a mantenere la calma, quindi, se pensiamo che dobbiamo uscire e già immaginiamo che succederà il finimondo, prendiamoci un tempo per rilassarci e visualizziamo nostro figlio come in grado di tollerare la separazione, questo ci aiuterà a ritrovare un equilibrio. Facciamo un piano di come sarà la giornata per dare un senso di prevedibilità agli eventi e aumentare così il suo senso di sicurezza, avvisandolo quando e se ci saranno dei cambiamenti. Diamogli la possibilità di scegliere qualcosa nelle attività che dovrà fare. Osserviamo quali sono le situazioni nelle quali il bambino può provare maggiore ansia e paura e forniamo incoraggiamenti o chiediamo a chi si occuperà del bambino di poterlo sostenere nel distacco. Premiamolo con rinforzi positivi anche nei piccoli risultati.

Link utili:

Impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famigli in Italia

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Data di aggiornamento: 
Giovedì, 15 Settembre, 2022

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