Solitudine, sconforto e senso di abbandono derivati dal lockdown sono state, per molti di noi, sensazioni transitorie, placatesi o addirittura scomparse con la progressiva riapertura di scuole, palestre, cinema e con la ritrovata possibilità di viaggiare, tornare al lavoro e ad avere una vita sociale, se non del tutto normale, quantomeno esistente.
In Italia, tuttavia, ci sono circa sette milioni di persone, definite caregiver familiari, che vivono un lockdown perenne, vincolati dalla necessità di accudire volontariamente, e non professionalmente, un familiare malato, spesso totalmente non autosufficiente a causa di disabilità neurologiche e motorie. È il caso delle malattie rare che in Italia, nel complesso, colpiscono circa due milioni di individui, principalmente bambini.
Una malattia rara è per definizione una condizione che si manifesta in meno di cinque persone ogni 10mila. Nonostante la rarità di ogni singola malattia, è sempre sorprendente scoprire che nei paesi dell’Unione Europea esistono circa 30 milioni di persone con malattia rara, ovvero l’intera popolazione di Olanda, Belgio e Lussemburgo messe insieme. In gran parte si tratta di malattie genetiche difficili da diagnosticare, quasi sempre prive di una cura definitiva ed estremamente invalidanti. I piccoli pazienti, infatti, necessitano di assistenza continua, spesso fornita dai familiari che si improvvisano medici, infermieri, educatori e assistenti sociali per cercare di dare ai propri figli, fratelli o sorelle la miglior qualità di vita possibile.
«Quando viene diagnosticata una malattia rara – racconta Alfredo Sidari, presidente della Onlus Azzurra di Trieste che opera all’interno dell’Irccs Burlo Garofolo – la famiglia del paziente viene totalmente coinvolta e i cambiamenti sono molti: spesso, almeno uno dei due genitori è costretto a lasciare il lavoro e la famiglia si trova ad affrontare spese importanti derivate dalle necessità di cura del malato. Inoltre, il carico emotivo, la riduzione delle relazioni sociali, l’instaurarsi di sintomi depressivi e di patologie croniche stress-correlate sono riferiti dalla maggior parte dei caregiver familiari».
Alfredo Sidari conosce bene le malattie rare, e non solo perché da oltre vent’anni con la sua Associazione si occupa di aiutare famiglie con figli malati, ma prima di tutto perché è un papà che questa esperienza l’ha vissuta in prima persona. La figlia Azzurra, infatti, nata nel 1986, ha combattuto per dodici anni con una rara patologia mitocondriale.
«Proprio per aiutare le famiglie – prosegue Sidari – nel 2005, quando il concetto di caregiving familiare era agli albori in Italia, è stato approvato dalla Regione Fvg il primo anno sperimentale del Progetto 4 Passi, finanziato successivamente dalla Fondazione CrTrieste. La forza di questo servizio è proprio quella di essere pensato per le famiglie che per quattro ore a settimana possono contare sull’aiuto di infermieri e operatori sociosanitari (Oss) professionisti, così da potersi rigenerare, dedicandosi alla vita di coppia e agli altri figli. Nonostante i fondi -sempre limitati rispetto alle esigenze delle famiglie- ci siano, questo servizio in tempi di pandemia covid non riesce ad essere garantito in modo continuativo a tutti i nuclei familiari che vorrebbero usufruirne, questo a causa di una sensibile carenza di personale sanitario, che sì è accentuata nel 2021. Per assurdo, nel 2020 Azzurra è riuscita a mantenere i livelli di prestazioni pre pandemici, mentre nel 2021 si è registrato un calo di prestazioni dispensate pari al 25%. Tutto ciò deve essere letto anche alla luce del fatto che per un malato raro, la cui gestione è molto complessa, c’è bisogno di infermieri e Oss altamente formati e specializzati».
«Non dimentichiamo – ricorda il Presidente di Azzura – che il sostegno dato alle famiglie va di pari passo con il sostegno alla ricerca, come ricorda la frase che rappresenta la nostra Associazione: “Siamo angeli con un’ala soltanto, e possiamo volare solo restando abbracciati”».
Azzurra opera all’interno del Burlo raccogliendo fondi per finanziare la ricerca sulle malattie rare e per sostenere le famiglie, offrendo macchinari e servizi di professionisti, non solo infermieri e Oss del Servizio 4 Passi, ma anche psicologi, dentisti e terapisti della riabilitazione.

«Al Burlo devo tanto – racconta Sidari – perché è proprio qui che si sono presi cura della mia Azzurra negli anni della malattia, ed è qui che si sono mossi i primi passi per diagnosi e cura delle malattie rare, settore di cui oggi si occupano la dottoressa Irene Bruno e il dottor Andrea Magnolato».

«L’obiettivo che ci poniamo nella cura di un paziente “raro” nel nostro ambulatorio – spiega proprio il dottor Andrea Magnolato –, è quello di gestire e tutelare la qualità della vita in ogni fase della malattia e di fornire un adeguato sostegno sanitario e socio assistenziale alla persona malata e alla famiglia. Il momento della diagnosi di una malattia rara è fondamentale nell’intraprendere un percorso complesso ed emotivamente difficile. Si costruisce un rapporto unico con paziente, genitori e fratelli e si diventa alleati nella cura. I caregiver mettono da parte i loro interessi, spesso sacrificando lavoro, amicizie e tempo libero, ponendosi l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei loro familiari. Nonostante negli ultimi anni siano stati fatti passi da gigante grazie alla ricerca scientifica, nell’ambito delle malattie rare parlare di cura non significa, se non in casi eccezionali, somministrare una medicina che guarisca definitivamente. Questi bambini, al momento, vivono una condizione di malattia cronica lentamente progressiva ad elevato fabbisogno assistenziale con obiettivi terapeutici rivolti alla miglior qualità di vita possibile piuttosto che alla guarigione».

«Nel nostro ambulatorio – prosegue Andrea Magnolato –, io e la dottoressa Bruno, abbiamo a che fare quotidianamente con genitori e caregiver eccezionali. Non dobbiamo dimenticarci, però, che l’assistenza viene data 24 ore su 24, spesso con notti insonni e momenti difficili da superare. In quest’ottica diventa fondamentale e imprescindibile l’aiuto delle Associazioni come Azzurra che permettono di fornire sostegno coinvolgendo infermieri specializzati e Oss al fine di poter “far respirare” la famiglia per qualche ora, dedicandosi, per esempio, all’accudimento degli altri figli, spesso involontariamente messi in secondo piano».

«Purtroppo – conclude Sidari – siamo pochi, rari e alle volte invisibili. È dura ma vado avanti sperando le cose migliorino, nel ricordo di mia figlia, così che l’esperienza e il dolore della mia famiglia non vadano perduti».

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Data di pubblicazione: 
Lunedì, 28 Febbraio, 2022
Data di aggiornamento: 
Lunedì, 28 Febbraio, 2022

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