Acronimo: 
PKU

La fenilchetonuria è dovuta ad una mutazione nel gene PAH (Phenylalanine Hydroxylase), codificante per l'enzima fenilalanina idrossilasi. L'alterazione metabolica consiste nell'assenza/malfunzionamento di tale enzima che catalizza la trasformazione della fenilalanina in tirosina. In seguito a tale blocco enzimatico, la fenilalanina si accumula nel sangue e viene poi escreta sotto forma di fenilchetoni nella urine, da cui il nome PKU. La fenilalanina è tossica per i neuroni e compete con altri amminoacidi a livello della barriera ematoencefalica, alterando così la produzione di neurotrasmettitori e causando il danno cerebrale.

I bambini colpiti da tale malattia appaiono solitamente normali alla nascita. Il ritardo mentale si sviluppa gradualmente e i pazienti non trattati sviluppano deficit cognitivo grave, convulsioni e iperattività. Uno dei sintomi di presentazione più comune è il vomito, talvolta così intenso da porre l'erronea diagnosi di stenosi del piloro. La fenilalanina è anche un inibitore della sintesi di melanina ed è quindi responsabile della tipica ipopigmentazione di capelli, cute e iride. Alcuni manifestano eruzioni cutanee eczematose o seborroiche che migliorano con l'età. Il loro corpo emana uno sgradevole odore "di topo", causato dall'accumulo di fenilacetato.

La fenilchetonuria è la malattia metabolica che per prima è stata diagnosticata allo screening neonatale (test di Guthrie) che dosa la fenilalanina su una piccolissima quantità di sangue prelevata da tallone. E' raccomandabile prelevare il campione nelle prime 24-48 ore di vita dopo assunzione di proteine alimentari, per evitare falsi negativi. La gravità dell'iperfenilalaninemia dipende dall'entità del deficit enzimatico e può variare da concentrazioni plasmatiche molto elevate (> 20 mg/dl) nella PKU classica, a livelli solo lievemente aumentati (6-10 mg/dl) nella PKU lieve.

La terapia è mirata a ridurre al minimo la normale assunzione di fenilalanina, presente in modo particolare nelle proteine alimentari di origine animale, con l'obiettivo di mantenere i suoi livelli tra 2 e 6 mg/dl. Le regole base nell'impostare l dieta sono: eliminare i cibi ricchi di fenilalanina ( carne, pesce, latticini, uova); incoraggiare una dieta naturalmente povera di fenilalanina ( frutta e verdura) e cibi speciali aproteici (pane, pasta, biscotti); utilizzare supplementazioni di amminoacidi presenti in commerco per garantire un adeguato apporto di proteine. La dieta andrà proseguita per tutta la vita. Nei pazienti con forme lievi di PKU (dove vi è una attività enzimatica residua), la somministrazione di tetraiodobiopterina (BH4) che rappresenta il naturale coenzima della fenilalanina-idrossilasi, può ridurre i livelli plasmatici della fenilalanina permettendo di liberalizzare quasi completamente la dieta.

Le donne con PKU con scarsa compliance dietetica presentano un rischio molto elevato di avere figli con ritardo mentale, microcefalia e cardiopatia congenita. Queste complicanze sono collegate agli elevati livelli di fenialalnina nel plasma materno e di conseguenza nel sangue del feto, essendo la placenta per sua natura un potente concentratore di amminoacidi.

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