A Trieste il 17 giugno si terrà l’evento conclusivo del progetto Interreg “Cattedra”: una collaborazione italo-slovena contro le malattie rare autoimmuni e autoinfiammatorie dei bambini
COMUNICATO STAMPA
Secondo le stime europee le malattie rare colpiscono nel loro complesso circa 20 persone ogni 10.000, il 70% delle quali in età pediatrica. Le malattie autoimmuni ed autoinfiammatorie sono solamente una parte, ma possono comportare un netto peggioramento della qualità di vita dei bambini affetti. Il principale ostacolo alla loro prevenzione, diagnosi e trattamento è rappresentato dalla mancanza di conoscenze, che per molte patologie rare sono insufficienti o nulle. Si è occupato proprio di riunire, integrare e condividere le informazioni, adeguatamente anonimizzate, sui piccoli pazienti, e di migliorare le metodologie terapeutiche e le possibilità diagnostiche delle malattie rare immunomediate in età pediatrica, il progetto Interreg V-A Italia-Slovenia Cattedra (“Collaborazione transfrontaliera per diagnosi innovative di patologie rare in pediatria”), di cui il Molo IV a Trieste ospiterà, venerdì 17 giugno dalle 8 alle 17.30, l’incontro conclusivo. Il progetto ha coinvolto l’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste, lo Univerzitetni Klinični Center di Ljubljana e tre aziende: la veneziana Experteam e la slovena Cobik, impegnate sul fronte dello sviluppo di test diagnostici di supporto rivolti ai pazienti, e la slovena Better, che si è occupata della realizzazione della piattaforma informatico sanitaria. La collaborazione tra Italia e Slovenia nel campo della ricerca medica si è concentrata dunque stavolta sui bambini e sulle malattie immunomediate rare che possono colpirli, in particolare la dermatomiosite giovanile, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite idiopatica giovanile e malattie autoinfiammatorie e immunodisregolative.
Il principale obiettivo del progetto, spiega il responsabile Andrea Taddio, pediatra reumatologo dell’Irccs Burlo Garofolo e professore di Pediatria dell’Università di Trieste, è stato “lo sviluppo di un database integrato dei pazienti che afferiscono alle due strutture, con la prospettiva di estenderlo anche ad altri istituti, per condividere i dati clinici, identificare e classificare meglio le malattie per le quali ci sono pochi casi e dunque anche l’offerta diagnostica e terapeutica è disomogenea”.
La collaborazione è partita dalle metodologie diagnostiche e si è basata sulla conoscenza e quantificazione del percorso infiammatorio alla base della malattia. Insieme alle ditte specializzate, sono stati costruiti dei test diagnostici aggiuntivi capaci di cogliere i pathway di infiammazione dei pazienti.
E’ questo infatti l’approccio strategico oggi prevalente verso questo tipo di malattie, perché consente di oltrepassare la classificazione basata sui sintomi descritti dal paziente, che potrebbero essere simili in malattie anche molto diverse, per cercare di coglierne i processi autoinfiammatori alla base. In questo modo è anche possibile comprendere le ragioni per cui alcuni pazienti non rispondono a certe terapie. Dopo la diagnosi, i casi vengono condivisi sul database creato dall’azienda Better, che ha un’esperienza internazionale nella realizzazione di questo tipo di piattaforme. A oggi il database è stato creato e sono già stati inseriti i dati relativi ai pazienti dei due istituti. Il progetto, finanziato con un contributo europeo di circa 750mila euro, è partito il primo gennaio 2020 e avrebbe dovuto durare 24 mesi, ma a causa dell’emergenza Covid è stato prolungato fino a luglio 2022. Indipendentemente dalla sua durata, c’è comunque la volontà dei due istituti di proseguire la collaborazione e aprire la condivisione delle informazioni anche a ospedali di altri Paesi dell’Est Europa, a partire dall’area dell’Alpe Adria.
Nel lungo periodo, spiega Taddio, ci saranno indubbi vantaggi per i pazienti, grazie alla possibilità di avere più dati a disposizione, difficili da ottenere autonomamente per malattie che colpiscono un basso numero di individui. Così si potrà ottenere anche una visione più completa di patologie autoinfiammatorie che, oltre a essere rare, sono anche particolarmente complesse. Tadej Avčin dell’Univerzitetni Klinični Center di Ljubljana sottolinea come gradualmente sarà implementata questa preziosa banca dati, che consentirà analisi e confronti tra più generazioni. “La nostra è stata una vera cooperazione nello spirito del Progetto Interreg, dove 1 + 1 non fa due, ma tre o molto di più”.
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