SINDROME DA ANTICORPI ANTI-FOSFOLIPIDI

Sorz A, Santangelo N, Piccoli M, Bernardon M, Businelli C, Maso G.

S.S.D. Gravidanza a Rischio

I.R.C.C.S. Materno Infantile Burlo Garofolo- Trieste

 

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA
La sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS) è una malattia autoimmune, caratterizzata da un quadro clinico-laboratoristico complesso, comprendente alterazioni neurologiche, cutanee e cardiovascolari, trombosi arteriose e venose e grave patologia durante la gravidanza (aborti e morti fetali ricorrenti, parto pretermine, insufficienza utero-feto-placentare, preeclampsia grave).
Gli anticorpi anti-cardiolipina (aCL), Lupus anti-coagulant (LAC), e anti-Beta2Glicoproteina 1 (B2GP1) sono i sottogruppi degli anticorpi anti-fosfolipidi.
EPIDEMIOLOGIA
La patologia è presente in circa il 5% della popolazione generale ostetrica, con un 30% delle pazienti affette da pre-eclampsia severa che presenta positività per APS.
La prevalenza di anticorpi antifosfolipidi nella popolazione sana varia dall'uno al 5%. Si ritiene che il riscontro accidentale di anticorpi antifosfolipidi a basso titolo comporti un rischio minimo di trombosi, mentre le probabilità aumentano se tali anticorpi sono presenti a titolo elevato. E' noto che nei soggetti positivi agli aPL che hanno avuto trombosi, il rischio di recidiva è superiore a quello dei soggetti negativi; lo stesso vale per gli aborti. Altri studi hanno dimostrato che dal 50 al 70% dei pazienti con lupus eritematoso sistemico e positività agli anticorpi antifosfolipidi presenta una sindrome trombotica durante un follow up di 20 anni.
ASPETTI CLINICI E DIAGNOSI
Gli eventi trombotici che caratterizzano la sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi possono interessare arterie, vene o capillari, e coinvolgere qualsiasi organo o apparato.
L'APS è caratterizzata da:
(1) trombosi arteriosa o venosa e/o complicanze specifiche della gravidanza
(2) evidenza di laboratorio di anticorpi rilevanti convenzionalmente denominati aPL.
I criteri aggiornati di Sydney per definire le patologie della gravidanza nella diagnosi di APS sono:
• ≥1 morti fetali da causa sconosciuta ≥10 settimane di gestazione, con anatomia normale documentata dall’ecografia o dall’esame diretto del feto;
• ≥1 parto pretermine di un neonato morfologicamente normale prima delle 34 settimane di gestazione a causa di preeclampsia severa, eclampsia o insufficienza placentare;
• ≥3 aborti spontanei consecutivi da causa sconosciuta  <10 settimane di gestazione, dopo l'esclusione di anomalie anatomiche od ormonali materne o cromosomiche paterne e materne.
PATOGENESI
La patogenesi della APS in gravidanza non è completamente compresa, ma si pensa che coinvolga effetti procoagulanti degli aPL, l'attivazione delle piastrine e delle cellule endoteliali. APL sembra anche avere un effetto diretto sulla funzione del trofoblasto umano placentare, diminuendone la vitalità del trofoblasto, la sincizializzazione e la capacità di invasione. Inoltre, gli aPL possono influenzare la produzione di ormoni e molecole di segnale da parte delle cellule del trofoblasto e stimolare la coagulazione e l'attivazione del complemento.

QUAL È L’EFFETTO DELLA GRAVIDANZA SULL’APS?
Determinando uno stato di ipercoagulabilità, la gravidanza costituisce una condizione nella quale la patologia di base, se presente in modo clinicamente silente, può manifestarsi per la prima volta e a volte con esordio drammatico.
Il rischio di malattia tromboembolica durante la gravidanza o il postpartum è aumentato nelle donne con APS (5-12% rispetto allo 0,025-0,10% nella popolazione ostetrica generale).
Le trombosi venose sono più comuni delle trombosi arteriose. Il rischio di trombosi venosa e arteriosa e/o tromboembolia è aumentato nei soggetti con LAC positivo, livelli medi o alti di anticorpi anticardiolipina e in quelli con positività a tre aPL.

QUAL È L’EFFETTO DELL’APS SULLA GRAVIDANZA?
L’APS è associata a una serie di complicanze severe durante la gravidanza.
La precedente storia ostetrica è il miglior predittore di esito della gravidanza nelle donne con APS.
La complicanza più frequente è l’aborto precoce. L’aborto sarebbe da riferirsi alla presenza in circolo di anticorpi anti-fosfolipidi che interagiscono con componenti del trofoblasto, danneggiandone la possibilità di impianto e distruggendo la placenta a causa di eventi trombotici ripetuti.
Gli outcome variano a seconda che la storia clinica sia di aborti ricorrenti (in cui le complicazioni sono meno probabili: rischio di pre-eclampsia e di parto pretermine del 10%) o di LES, trombosi o precedente morte intrauterina tardiva o pre-eclampsia grave ad insorgenza precoce (nei quali il rischio il parto pretermine prima della 37a settimana di gestazione è del 30% -40% e il rischio di restrizione della crescita fetale e pre-eclampsia supera il 30%).
La patogenesi della morte fetale in utero e del ritardo di crescita endouterino è legata alla trombosi deciduale e placentare, che ha come manifestazioni insufficienza utero-placentare, oligoamnios, ipertensione gestazionale/preeclampsia.
Gli anticorpi LAC sono stati riconosciuti come primo fattore predittivo di outcome negativo.
La gravidanza può risultare come fattore scatenante la sindrome da antifosfolipidi catastrofica (CAPS), caratterizzata da un’insufficienza multiorgano causata da trombosi diffusa dei piccoli vasi e da microangiopatia trombotica.
L'APS neonatale è una complicanza rara, definita dagli stessi criteri dell'APS dell’adulto: presenza di almeno un tipo di anticorpo-APL nel siero e presenza di almeno una caratteristica clinica, come trombosi venosa o arteriosa o trombocitopenia. Un fattore confondente potrebbe risultare essere, tuttavia, che l'APL neonatale è quasi sempre il risultato del trasferimento placentare dell'anticorpo materno, e quindi potrebbe non avere lo stesso significato dell'anticorpo prodotto endogeno dal neonato. L'APL neonatale passivamente acquisita scompare completamente tra i 6 a 12 mesi.

MANAGEMENT
• Inquadramento clinico iniziale compreso monitoraggio della pressione arteriosa materna;
• Conta piastrinica, concentrazione di creatinina sierica, rapporto proteine/creatinina urinaria, ALT, AST;
POSITIVITÀ PER aPL SENZA APS
Le evidenze suggeriscono un aumento del rischio quasi nullo, anche il rischio trombotico per donne in gravidanza con aPL e senza storia personale di trombosi è incerto.
La maggior parte delle pazienti con positività per aPL nel primo trimestre (definiti come aCL o anti-beta2-GPI ≥40 unità o lupus anticoagulante positivi) rimane positiva durante la gravidanza, pertanto, non è necessario ripetere la misurazione di aPL durante la gravidanza.
• Screening per anticorpi anti-Ro/SSA e anti-La/SSB;
• Ecografie seriate ogni quattro settimane a partire dal secondo o terzo trimestre precoce per valutare la crescita fetale e il volume del liquido amniotico;
• Cardiotocografia e profilo biofisico settimanale a partire da 32 settimane di gestazione a causa dell'aumentato rischio di morte fetale in utero.
Per quanto riguarda il piano del parto, in assenza di indicazioni ostetriche o anamnestiche, alcune evidenze indicano di pianificare il parto (tramite induzione al travaglio di parto o taglio cesareo elettivo se indicato) a 39 settimane di gestazione.

TERAPIA
Nelle pazienti con precedenti eventi trombotici la terapia è condotta per tutta la gravidanza e fino a 6 settimane dopo il parto; il trattamento comprende acido acetilsalicilico a basse dosi (ASA 100 mg al giorno) ed eparina a basso peso molecolare (LMWH): in questo caso la prognosi fetale migliora sensibilmente, con elevata percentuale dei nati vivi (75%).
Nelle pazienti con APS basata su criteri di laboratorio per aPL e ≥1 aborto ≥10 settimane di gestazione o ≥3 aborti spontanei consecutivi inspiegabili <10 settimane di gestazione si suggerisce una terapia combinata con ASA a basse dosi (100 mg al giorno), a partire dal momento del concepimento, e LMWH dose profilattica alla conferma della gravidanza intrauterina.
Nelle pazienti con precedenti aborti ma con titolo anticorpale negativo o basso, non è indicato trattamento anticoagulante, alcuni dati suggeriscono che la sola terapia con ASA a basse dosi (100 mg al giorno) determina un tasso di nati vivi del 70-80%.
Nelle pazienti con precedente parto pretermine per insufficienza uteroplacentare: si suggerisce una terapia con ASA a basse dosi (100 mg al giorno), iniziando alla fine del primo trimestre e continuando fino al parto.
 

Riferimenti bibliografici
• Belcaro C, Sorz A, Rizzante E, Della Pietà I, Canton M, Ottaviani C, Piccoli M, Maso G. Malattie autoimmuni in gravidanza. Pubblicazione realizzata in occasione del Congresso “High risk pregnancy: meet the expert”. Trieste 24-25 novembre 2017.
• Lockwood CJ, Lockshin MD. Management of antiphospholipid syndrome in pregnant and postpartum women. Literature review current through: Feb 2018. UpToDate.
 

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