L’esofagite eosinofila è una malattia infiammatoria cronica dell’esofago a genesi immune caratterizzata da una severa infiltrazione eosinofila della mucosa esofagea e da sintomi secondari ad una disfunzione dell’esofago.

Dal punto di vista eziopatogenetico, per quanto sia nota una correlazione con condizioni allergiche (il 50% degli affetti presenta allergia alimentare o respiratoria, il 75% ha familiarità per atopia e la patologia può beneficiare della dieta di eliminazione e/o della terapia steroidea inalatoria dell’asma), le cause e i meccanismi alla base della malattia non sono ancora chiaramente definiti. Circa un soggetto affetto su cinque presenta inoltre almeno un parente di primo grado con esofagite eosinofila, suggerendo quindi una suscettibilità genetica alla malattia.

L’esofagite eosinofila si manifesta in media fra i 7 e i 10 anni ed è più frequente nei maschi rispetto alle femmine con rapporto 4:1. Sotto l’anno di età all’esordio prevalgono il vomito e l’estremo rifiuto del cibo (“food aversion”) mentre nei bambini più grandi più frequente è la disfagia per gli alimenti solidi e/o liquidi fino alla sensazione di intoppo del cibo (“food impaction”). I sintomi possono essere inoltre quelli di un reflusso gastroesofageo (bruciore retrosternale, epigastralgia, vomito) che non risponde però alla terapia antiacida o con inibitori di pompa.

Nei soggetti con disfagia come manifestazione d’esordio della malattia la radiografia con bario può essere di aiuto nell’individuare una stenosi esofagea. Il gold standard per la diagnosi resta l’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) fondamentale per ricercare i segni macroscopici di malattia (esofago corrugato ad anelli, rigidità, placche bianche aderenti, mucosa fragile), eseguire le biopsie e l’esame istologico che dimostri un significativo infiltrato eosinofilo (più di 20 cellule/campo a 400 ingrandimenti) a livello della mucosa e un’estensione del processo infiammatorio anche al terzo medio e superiore dell’esofago. Solo nel 50% dei pazienti è presente inoltre eosinofilia nel sangue periferico.

Dal punto di vista terapeutico, per quanto molti rimarchino l'efficacia e l'opportunita' della dieta di eliminazione, l'incompleta conoscenza della patogenesi della malattia e la reale difficolta' di applicazione di diete di esclusione severe (peraltro penalizzanti sul piano nutrizionale) rendono piu' ragionevole l'approccio farmacologico. Lo steroide inalatorio come il Fluticasione dipropionato “fatto male” (ingerito, senza distanziatore, senza bere per almeno 30 minuti) è infatti il trattamento medico di scelta mentre lo steroide per via generale trova indicazione nei casi con esordio clinicamente grave (disfagia importante, food impaction con rimozione endoscopica) o in presenza di stenosi esofagea prima di un’eventuale dilatazione endoscopica della stessa. Tra gli antileucotrieni il Montelukast può invece trovare indicazione nella terapia di mantenimento come risparmiatore dello steroide per via sistemica. In una malattia infiammatoria cronica a carattere remittente è inoltre discussa la possibile efficacia terapeutica degli anticorpi monoclonali (anti IgE e anti IL-5) nelle forme refrattarie o steroido-dipendenti. Il target terapeutico dell’esofagite eosinofila è rappresentato dalla remissione della malattia anche se nota è la possibile discordanza tra regressione della sintomatologia e persistenza di malattia endoscopica/istologica esofagea (motivo per cui resta indicato un follow- up endoscopico anche in soggetti asintomatici). In ultimo se i sintomi d’esordio dell’esofagite eosinofila possono mimare quelli di un reflusso gastroesofageo, non rara è la coesistenza dei due quadri patologici. Quindi, se la presenza di un reflusso non esclude la diagnosi di esofagite eosinofila, importante sarà comunque determinare la componente sintomatologica del paziente legata al reflusso, che potrà beneficiare dell’uso di un inibitore di pompa protonica.

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