Dal novembre 2023 l’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” di Trieste ha avviato lo screening sperimentale della Atrofia Muscolare Spinale (SMA) che si aggiunge a quello sulla Fibrosi Cistica. Con l’avvio al Burlo (e con una simile iniziativa dell’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine), il Friuli Venezia Giulia è la dodicesima regione italiana dove è possibile effettuare lo screening neonatale di SMA tipo 1, fondamentale per avviare subito il piccolo paziente a recentissime cure genetiche che evitano le conseguenze invariabilmente fatali nei bambini con SMA tipo 1.
Responsabile dello screening, fortemente voluto dal direttore scientifico Massimo Zeviani, è la dottoressa Sheila Ulivi. Ne abbiamo parlato con entrambi.
In cosa consiste la SMA?
L’atrofia muscolare spinale è dovuta alla presenza di mutazioni in un gene, denominato SMN1 (dove SMN è l’acronimo inglese per Survival of Motor Neurons). Nell’uomo esiste una duplicazione di questo gene. C’è, infatti, un gene SMN2, vicinissimo al gene SMN1, che produce una proteina identica a quella prodotta da SMN1. Purtroppo, vi è la differenza di una singola base nel gene SMN2, rispetto al gene SMN1, che è in grado di formare un sito di splicing anomalo nel gene SMN2. Questo determina l’esclusione nel 75-85% dell’esone 7 nell’RNA messaggero maturo di SMN2 (lo splicing è un meccanismo di taglia-e-cuci dell’RNA messaggero nativo, che ne elimina gli introni, non traducibili in proteina). Il gene SMN2 produce pertanto una quantità residua di proteina SMN. Un individuo può avere da zero a 4 copie del gene SMN2. La scoperta di SMN1 e 2 e di questo meccanismo di splicing alternativo è avvenuta nel 1995 nel laboratorio di una giovane ricercatrice, la dottoressa Judith Melki, all’Hôpital Necker-Enfants Malades di Parigi, da un team (nel quale era presente anche il professor Zeviani.). Se, dunque, in un individuo SMN1 è assente e ci sono una o due copie di SMN2, si manifesta la forma più severa di SMA (SMA1), nota anche come malattia di Werdnig-Hoffmann. Quando sono presenti più di due copie di SMN2, si manifestano forme più lievi di SMA (SMA2-4). Se nel caso della malattia di Werdnig-Hoffmann (SMA1), il bambino muore entro il primo anno di vita senza mai aver sollevato la testa e senza mai essersi seduto, nella SMA tipo 2, il bambino riesce, con qualche difficoltà a sedersi e a tenere la testa ritta, ma muore invariabilmente prima dei cinque anni di età, senza essere riuscito a camminare. Nel terzo tipo di SMA, detta malattia di Kugelberg-Welander, la progressiva paralisi per mancata innervazione dei muscoli scheletrici si manifesta in età preadolescenziale e porta questi ragazzi ad avere problemi motori sempre più severi, che fanno loro perdere la mobilità autonoma, per confinarli alla sedia a rotelle. Nella quarta forma, la meno grave, i difetti di motricità più o meno severi, si manifestano in età adulta.
Quali sono le terapie oggi disponibili per la SMA?
La terapia attualmente più diffusa per la SMA consiste nel “nascondere” il sito di splicing anomalo di SMN2 attraverso un oligonucleotide, cioè un “pezzettino” di DNA, che viene iniettato nel paziente affetto. Ciò permette la produzione di un RNA messaggero maturo normale, identico a quello proveniente da SMN1, e quindi la produzione di normali livelli di proteina SMN. Con questa terapia genetica, che si effettua mediante punture lombari periodiche dell’oligonucleotide mascheratore, bambini che prima erano inevitabilmente destinanti a morte precoce, adesso possono camminare e vivere normalmente fino a oltre 5-8 anni di vita (la terapia è molto recente, quindi non sappiamo come evolverà la storia clinica dei pazienti trattati finora). Un'altra terapia esplorata con successo consiste nell’iniettare nel sistema vascolare e mediante puntura lombare del paziente affetto, il gene SMN1 normale. Ciò si fa attraverso l’uso di vettori virali adenoassociati che permettono l’invio di DNA nel nucleo cellulare senza, tuttavia, interferire con il DNA endogeno presente nei cromosomi della cellula stessa. Il DNA iniettato attraverso i virus adeno-associati rimangono, infatti, esterni rispetto al DNA nel nucleo ed evitano, quindi, di interferire con l’espressione genica del DNA “originale” del paziente.
Il Burlo si occupa solo dello screening o anche delle eventuali terapie?
Noi siamo il Centro di riferimento regionale per il trattamento sia della fibrosi cistica, sia dell’atrofia muscolare spinale, in particolare nella sua forma più grave, ossia la malattia di Werdnig-Hoffmann.
Il nostro progetto sperimentale è di effettuare lo screening su tutti i nati al Burlo e a Monfalcone per cercare la delezione dell’esone 7 in omozigosi, che rappresenta la mutazione più frequente del gene SMN1 (96% dei pazienti).
Lo screening della SMA non è obbligatorio in Italia e al momento si effettua solo in dodici regioni. Ci auspichiamo che diventi obbligatorio quanto prima perché, se presa in tempo, i bambini con Werdnig Hoffmann possono essere salvati.
Quanta parte della popolazione è affetta da SMA e chi sarà sottoposto allo screening realizzato al Burlo?
Certo la SMA1 non è comune, ma neanche rarissima, un caso ogni 5-10mila nati (a seconda delle diverse zone geografiche e dell’accuratezza diagnostica), il che vuol dire che abbiamo un portatore sano ogni 50 persone (ossia mancante di uno degli alleli del gene SMN1). Lo screening oggi in sperimentazione al Burlo, avviato nel novembre scorso, è fatto su tutti i neonati nati al Burlo e a Monfalcone, con una goccia di sangue che viene posta su un cartoncino di carta bibula, detto cartoncino di Guthrie. Dopo il primo screening, per vedere se al bambino mancano entrambi gli alleli del gene SMN1, si fa un ulteriore analisi per capire quante coppie di gene SMN2 abbia il neonato affetto e, quindi, prognosticare la gravità della patologia. Accertata la patologia, inizia immediatamente il percorso per accedere alla cura. L’attesa, su circa 4mila nati all’anno, è di un caso di positività ogni due anni. Ovviamente lo screening siffatto non riguarda i neonati già ammalati, ma è tuttavia importantissimo perché più è precoce la diagnosi, maggiori sono le chance di iniziare subito le terapie eliminando la maggior parte delle conseguenze della SMA1.
Perché invece di fare lo screening ai neonati, non lo si fa preventivamente alle coppie per evitare che generino bimbi ammalati?
Certo, in un mondo ideale, sarebbe utile fare uno screening sulla popolazione generale per evitare che si “incrocino” due portatori sani, rischiando di generare bambini ammalati di SMA. Ciò però, richiederebbe un dispendio di risorse economiche e di ricerca che attualmente non sono proponibili. Screening generali sono stati fatti in alcuni casi e in alcune aree geografiche ristrette per malattie genetiche particolarmente diffuse in quelle zone, come ad esempio la Talassemia in Sardegna o nella zona costiera dell’Iran, ma sono casi molto rari nella popolazione generale. Per quanto riguarda la SMA pare che la Turchia stia procedendo a uno screening sistematico dei portatori; si tratta, però, di una scelta di allocazione delle risorse e di politica sanitaria generale. Da noi lo screening negli adulti, per scoprire se siano portatori sani, è effettuato solo nel caso di coppie di consanguinei (che sono molto più soggetti ad essere entrambi portatori di malattie recessive). Ovviamente rimane la possibilità per qualsiasi coppia di fare lo screening privatamente a pagamento, ma si tratta di uno screening piuttosto dispendioso.
Per quanto riguarda il più “antico” screening sulla fibrosi cistica, di che malattia si tratta e come avviene lo screening?
La fibrosi cistica è dovuta a mutazioni di un gene codificante un canale del cloro. Per sviluppare la fibrosi cistica (analogamente alla SMA), un bambino deve nascere da due genitori entrambi portatori sani (cioè portatori di una mutazione genetica in un allele ma con il secondo allele normale, e che quindi non hanno sviluppato la malattia). La probabilità che ciascuno di due portatori sani possano trasmettere un gene mutato, determinando l’insorgenza della malattia (autosomica recessiva) nella progenie, è il 25%. Nella popolazione generale i portatori sani di fibrosi cistica sono circa 1 su 34, le persone affette da fibrosi cistica sono circa 1 su 4000. Non è una malattia rara, ma con gli esami disponibili oggi, sviluppare la fibrosi cistica è più difficile perché la si può prevedere in fase prenatale. Esistono, infatti, segni ecografici che possono far sospettare la presenza di fibrosi cistica nel nascituro. Al Burlo eseguiamo un primo livello di screening con il dosaggio del tripsinogeno immunoreattivo (Irt). Se il risultato supera un valore soglia, l’esame Irt è positivo e in questo caso il campione passa all’analisi genetica (quando i bambini hanno circa due giorni di vita). Il motivo per cui si procede prima al dosaggio dell’Irt è dovuto al fatto che il gene della fibrosi cistica è gene molto “grande” ossia con migliaia e migliaia di basi da analizzare e se si dovesse fare lo screening della fibrosi cistica su tutti i bambini ci vorrebbe un impiego di personale e di risorse tecnologiche enorme. L’eventuale analisi genetica del gene della fibrosi cistica è effettuata sfruttando sempre la goccia di sangue prelevata dal tallone del bambino e depositata sul cartoncino di Guthrie. Attualmente, sono a disposizione del Burlo nuove strumentazioni e metodiche di sequenziamento rapido e massivo (next generation sequencing) che possono rapidamente analizzare l’intero gene. In questo modo si può verificare se il bambino con Irt positivo e, quindi, potenzialmente affetto, non abbia alcuna mutazione del gene, sia portatore sano o abbia due mutazioni alleliche, e quindi sia effettivamente affetto dalla fibrosi cistica. Se l’esame dà come risultato che il bambino è portatore di due mutazioni, il bambino segue tutto il percorso con la clinica pediatrica e la struttura dedicata alla fibrosi cistica, diretta dal dottor Maschio, per verificare conclusivamente la presenza della malattia attraverso il test del sudore (giacché l’alterazione del canale del cloro tipica della fibrosi cistica genera secrezioni sudorifere molto dense e differenziabili rispetto al sudore di un individuo normale). I genetisti al contempo valutano la situazione dei genitori, in modo effettuare la diagnosi genetica prenatale durante una seconda gravidanza. Alcune delle mutazioni della fibrosi cistica sono importanti anche per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita, perché portano, in qualche individuo di sesso maschile, alla agenesia dei dotti deferenti, che impedisce al liquido seminale, contenente gli spermatozoi, di essere emesso con l’eiaculazione. Oltre alla azoospermia, vi sono, mutazioni correlate alla fibrosi cistica che possono determinare altri effetti oltre alla fibrosi cistica classica, come pancreatiti e seri problemi all’intestino. Va ricordato che lo screening per la fibrosi cistica è obbligatorio in Italia dal 1992. Lo screening si effettua perché esistono ora terapie farmacologiche che, se assunte in tempo, sono in grado di migliorare in modo molto significativo la prognosi della malattia e la qualità di vita del paziente.