La ricerca condotta dal dottor Samuele Naviglio della Oncoematologia pediatria dell’Irccs triestino è stata pubblicata sulla rivista Blood
Un nuovo studio ha dimostrato per la prima volta dal punto di vista clinico che i bambini affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich,,una malattia con gravi manifestazioni cliniche rispondono molto bene al trattamento con farmaci mirati anti-interleuchina-1 (IL-1), identificando quindi un’importante strategia terapeutica per questi pazienti. Lo studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista medica Blood, è stato condotto dal dottor Samuele Naviglio dell’Oncoematologia pediatrica dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” e ha coinvolto numerosi centri italiani e internazionali.
Dottor Naviglio che cos’è la sindrome di Wiskott-Aldrich?
La sindrome di Wiskott-Aldrich (Was) è una rara immunodeficienza su base genetica dovuta a una mutazione del gene Was sul cromosoma X. La malattia determina un quadro clinico complesso che si presenta sin dai primi mesi di vita, caratterizzato da eczema, bassi livelli di piastrine con aumentato rischio di sanguinamento e un’importante disfunzione del sistema immunitario che espone i bambini al rischio di gravi infezioni. Inoltre, i pazienti presentano spesso, proprio a causa del malfunzionamento del sistema immunitario, importanti manifestazioni autoimmuni e/o quadri infiammatori severi, tra cui forme di distruzione autoimmune delle cellule del sangue, infiammazione cronica intestinale, artrite, infiammazione renale, cutanea e vascolare. La sindrome di Wiskott-Aldrich può essere fortunatamente trattata mediante procedure che permettano di “cambiare” il sistema immunitario deficitario del soggetto con quello di un donatore sano mediante trapianto di cellule staminali ematopoietiche (trapianto di midollo osseo), oppure, più recentemente, mediante l’utilizzo di terapia genica che permette di correggere il gene difettoso nelle cellule staminali.
Tuttavia, spesso i bambini affetti si presentano già con gravi manifestazioni cliniche (infettive e autoimmuni/infiammatorie) della malattia, anche perché spesso la diagnosi di sindrome di Wiskott Aldrich non è identificata subito. È fondamentale quindi riuscire a controllare tali manifestazioni cliniche in attesa di procedere alla terapia definitiva (trapianto o terapia genica). Questo controllo può non essere facile, in quanto la gestione delle manifestazioni autoimmuni/infiammatorie richiede l’utilizzo di ulteriori immunosoppressori (cortisone e altri farmaci) che complicano la già grave tendenza di base al rischio infettivo di questi pazienti; inoltre, spesso la risposta clinica a questi farmaci è solo parziale e gravata da numerosi effetti collaterali.
Di cosa vi siete occupati nello studio pubblicato da Blood?
Recentemente, lo studio dei meccanismi molecolari alla base della malattia ha permesso di identificare meccanismi ulteriori alla base delle manifestazioni infiammatorie della malattia, e, in particolare, che la proteina Wasp (ovvero il prodotto del gene Was, difettoso in questi pazienti) è implicata nella regolazione dell’infiammazione che è inappropriatamente scatenata dalle cellule difettose del sistema immunitario di questi pazienti, inducendo la secrezione eccessiva della citochina pro-infiammatoria interleuchina (IL)-1. IL-1 è in grado di indurre le gravi manifestazioni infiammatorie che colpiscono questi pazienti. Questo fenomeno è particolarmente rilevante in quanto esistono già da diversi anni farmaci biologici mirati all’inibizione specifica di questa citochina pro-infiammatoria. Questi farmaci, di cui i principali sono anakinra e canakinumab sono caratterizzati, come spesso accade con i farmaci di questo tipo, da un’azione molto selettiva ed efficace e contemporaneamente da una scarsità di effetti avversi. Attualmente sono già utilizzati per la terapia dell’artrite reumatoide e di altre malattie infiammatorie (genetiche e non), tra cui la febbre mediterranea familiare e la pericardite ricorrente.
Nello specifico, come avete condotto lo studio?
Lo studio appena pubblicato (Naviglio et al. Interleukin-1 blockade in patients with Wiskott-Aldrich syndrome: a retrospective multinational case series. Blood 2024; 144 (16): 1699–1704. doi: https://doi.org/10.1182/blood.2024024524 ) riporta per la prima volta una casistica molto selezionata di 9 bambini con sindrome di Wiskott-Aldrich con gravi manifestazioni infiammatorie trattati con farmaci target anti-IL-1. La presentazione clinica dei pazienti comprendeva malattie infiammatorie persistenti intestinali, delle articolazioni, della pelle e, in alcuni pazienti, quadri molto gravi di febbre persistente fin dai primi mesi di vita (tale da essere in alcuni casi scambiati per infezioni settiche), scarsa crescita e grave compromissione clinica generale del bambino. In tutti i pazienti la terapia con il cortisone o altri farmaci immunomodulatori aveva dato risposte solo parziali o addirittura nessuna risposta. Tutti i pazienti sono stati trattati con i citati farmaci mirati anti-IL-1, che hanno determinato in tutti i pazienti una rapida risposta completa, con risoluzione del quadro infiammatorio.
Come è stato tollerata l’assunzione di questi farmaci da parte dei piccoli pazienti?
Il trattamento, che per essere efficace ha richiesto naturalmente di essere somministrato cronicamente fino alla terapia correttiva “definitiva” del sistema immunitario (trapianto o terapia genica), è stato ben tollerato in tutti i pazienti, in assenza di sostanziali effetti avversi significativi, consentendo inoltre la ripresa della crescita e del benessere generale dei bambini. In alcuni casi, dopo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, le manifestazioni infiammatorie si sono ripresentate (a causa di una riduzione delle cellule del donatore con aumento invece delle cellule difettose, come può accadere in alcuni casi), tuttavia anche in questi pazienti la terapia con i farmaci anti-IL-1 ha permesso di controllare nuovamente le manifestazioni infiammatorie, permettendo di andare a un secondo trapianto risolutiv. Nei casi non è stato possibile utilizzare queste terapie, si è deciso di proseguire la terapia anti-IL-1 indefinitamente, portando in ogni caso ad un buon controllo dei sintomi senza necessità di altri immunosoppressori.
Quali sono le vostre conclusioni?
In sintesi, i risultati dello studio dimostrano l’utilità di una terapia mirata anti-IL-1 nei bambini con sindrome di Wiskott-Aldrich, in particolare come terapia “ponte” in attesa del trapianto/terapia genica, permettendo la risoluzione di gravi quadri clinici infiammatori che non rispondono ad altre terapie.