La scoperta è frutto di una ricerca condotta dall’Università di Exter (Gran Bretagna), in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e con professori del Burlo e dell’Università di Trieste Manola Comar e Francesco De Seta. La ricerca è stata pubblicata su Science Transaltional Medicine

Circa tre quarti delle donne sviluppano candidosi vaginale almeno una volta nella vita e circa 140 milioni di donne in tutto il mondo soffrono di candidosi vaginale ricorrente. Le infezioni ricorrenti da Candida possono avere un enorme impatto sulla qualità della vita. I trattamenti antifungini esistenti non sono sempre efficaci e si sta sviluppando resistenza contro questi trattamenti. Recentemente la professoressa Manola Comar e il professor Francesco De Seta dell’Irccs “Burlo Garofolo” hanno preso parte a una ricerca guidata dal dottor Duncan Wilson, membro senior del Wellcome Trust del Centro Mrc di micologia medica dell’Università di Exter (Gran Bretagna), con la collaborazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia che ha permesso di scoprire che un semplice trattamento con adeguate dosi di zinco potrebbe bloccare la produzione della molecola infiammatoria Pra1 che alla base dei sintomi di bruciore e prurito causati dalla candidosi.
Professoressa Comar, professor De Seta, che cos’è e che impatto ha la candidosi vaginale sulla salute della popolazione femminile?
La vaginite da Candida è molto comune e innesca un’infiammazione estremamente fastidiosa che può risultare molto invalidante. Nello specifico la candidosi vaginale è causata da un lievito chiamato Candida. Esistono numerose specie di Candida, ma quella che causa la maggior parte delle infezioni è Candida albicans. Negli anni si sono studiati i meccanismi patogenetici legati alla capacità colonizzante del fungo, alle risposte immunitarie della donna, ma poco si conosce su cosa determini la risposta infiammatoria
In questa situazione, qual è la portata innovativa dello studio al quale avete partecipato?
Il nostro studio ha mostrato come un semplice microelemento, lo zinco, abbia un ruolo chiave nel bloccare la risposta infiammatoria della mucosa vaginale bloccando la progressione dell’infezione. Lo studio, estremamente complesso nella sua parte sperimentale, rappresenta una tappa probabilmente fondamentale nella comprensione ei meccanismi scatenanti i sintomi invalidanti di tale vaginite e soprattutto potrebbe aprire strade innovative al trattamento delle stesse.
Nello specifico, abbiamo scoperto che proprio, come gli esseri umani, la Candida albicans ha bisogno di zinco nella sua dieta che cerca di acquisire dall’ambiente come fonte di cibo. La Candida, infatti, produce una molecola, denominata Pra1, che, in assenza di zinco, innesca una risposta infiammatoria responsabile di molti casi di candidosi vulvovaginale.
Negli esperimenti di laboratorio, abbiamo constatato che la manipolazione dei geni, in modo che la Candida albicans non produca Pra1, previene l’infiammazione e che l’applicazione di livelli relativamente bassi di zinco nei topi blocca la produzione di Pra1 e previene l’infiammazione. Questo è importante perché è l'infiammazione che causa i sintomi di bruciore e prurito nella candidosi vaginale.
Oltre che in laboratorio, l’efficacia dello zinco è stata testata anche direttamente da donne affette da candidosi vaginale e potete dare indicazioni terapeutiche?
Il gruppo di ricerca ha anche reclutato donne che avevano avuto infezioni vaginali ricorrenti, almeno una volta ogni tre mesi. Le donne hanno applicato una crema vaginale contenente una piccola quantità di zinco ogni sera per due settimane e poi due volte a settimana. Il 90 per cento di loro non hanno manifestato reinfezione nel corso dei tre mesi di studio. Non siamo, però, ancora nella posizione di fornire raccomandazioni terapeutiche in questa fase. Abbiamo bisogno di studi su scala più ampia per confermare l’effetto
Qualcuno potrebbe sostenere che creme contenenti zinco sono sul mercato da anni… quindi, come spieghereste ai profani la novità della vostra ricerca?
Certo una lettura superficiale di quanto da noi studiato e comunicato potrebbe portare a pensare che non ci siano grandi novità, perché lo zinco è sempre stato usato anche in altri prodotti e non è sicuramente un principio innovativo. Tutto ciò, però, non è vero innanzitutto perché lo zinco è stato usato sì, ma nella composizione di prodotti nutraceutici o topici con altre indicazioni che nulla hanno a che fare con la candidosi vaginale. In secondo luogo, perché a seguito della nostra ricerca si dovranno stabilire bene le micro-concentrazioni di Zinco a scopo antimicotico. Infatti, l'uso in concentrazioni sbagliate potrebbe essere tossico e deleterio in vagina. Il punto importante è che per la prima volta è stato identificato il meccanismo, attivato dalla Candida, nel determinare le condizioni cliniche delle pazienti e il suo legame con lo zinco.
Quindi, lo ribadiamo, c’è altra strada da fare e altri studi al fine di tradurre in pratica clinica quello che questi importanti esperimenti ci hanno permesso di scoprire, ma la portata innovativa della ricerca rimane e dimostra, una volta di più, l’importanza fondamentale della ricerca di base, che può aiutare a far luce su come funziona il nostro corpo e, talvolta, fornire percorsi sorprendenti per individuare nuove cure.

 

Data creazione: 
09/01/2024
Data di aggiornamento: 
09/01/2024
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