L’Associazione Italiana Celiachia premia l’Irccs materno infantile triestino finanziando un progetto volto a studiare il ruolo dell’epigenetica nell’insorgenza della più diffusa forma di intolleranza permanente al glutine.

La celiachia, malattia autoimmune che colpisce l’1% della popolazione, si manifesta con un’infiammazione dell’intestino provocata dall’ingestione di glutine in soggetti predisposti geneticamente. Tuttavia, il corredo genetico spiega solo in parte l’ereditarietà della celiachia che resta ancora poco compresa.
L’epigenetica, ovvero l’insieme di modifiche e cambiamenti trasmissibili, in grado di variare il fenotipo di un individuo senza, tuttavia, alterarne il genotipo, potrebbe aiutare a individuare nuovi geni coinvolti nella patogenesi della celiachia, migliorandone la diagnosi. Questo è lo scopo del progetto in atto presso l’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste, finanziato con 147.000 euro dall’Associazione Italiana di Celiachia.
«L’epitelio intestinale – spiega la ricercatrice Luigina De Leo, responsabile del progetto – rappresenta la barriera tra intestino e ambiente. È proprio a questo livello che potrebbero verificarsi delle modificazioni epigenetiche coinvolte nello sviluppo della celiachia. Con questo studio prevediamo di arruolare soggetti con celiachia e soggetti sani di controllo. Dalle biopsie dei partecipanti separeremo le cellule epiteliali intestinali e genereremo organoidi, ovvero modelli cellulari tridimensionali, che verranno utilizzati per studiare le vie di attivazione infiammatoria glutine-dipendenti e per individuare nuovi marcatori prognostici.  Inoltre, verificheremo se le caratteristiche epigenetiche del paziente siano mantenute o meno nell’organoide intestinale che verrà utilizzato anche come modello per studi funzionali».
«Quello che ci aspettiamo – prosegue la dottoressa De Leo – è di identificare profili epigenetici specifici in grado di riconoscere la celiachia in tutte le sue forme di manifestazione clinica. Modificazioni epigenetiche specifiche potrebbero essere trasferite nella pratica clinica e offrire una nuova procedura diagnostica per riconoscere correttamente la malattia celiaca. Inoltre, con l’utilizzo del modello organoide, si potrebbero individuare delle alterazioni utilizzabili in futuro come marcatori prognostici della celiachia».

Gruppo di lavoro coinvolto nel progetto

Da sinistra Pio Adamo D'AdamoLuigina De Leo, Fabiana Ziberna e Matteo Bramuzzo 

Data creazione: 
25/03/2022
Data di aggiornamento: 
25/03/2022
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