Il dottor Federico Romano, dirigente ginecologo dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, spiega quali sono le strategie che, attualmente, consentono alle giovani pazienti affette da tumore di preservare la possibilità di avere figli, una volta guarite.

Dottore, quali sono i tumori ginecologici più frequenti in età fertile?
Nelle pazienti di età inferiore ai 45 anni, il 35% delle neoplasie ginecologiche è rappresentato dai tumori della cervice, il 7% dal tumore dell’ovaio e il 6% dal tumore dell’endometrio.

Nell’ultimo decennio, l’ottimizzazione dei percorsi di diagnosi e cura del tumore hanno notevolmente migliorato l’outcome delle neoplasie ginecologiche e quindi l’aspettativa di vita delle pazienti.
Inoltre la tendenza a procrastinare l’età della prima gravidanza ha portato ad un aumento di casi di neoplasie diagnosticate in donne che non hanno ancora avuto figli.
Da qui l’attenzione sempre crescente nei confronti della salvaguardia della qualità di vita delle pazienti oncologiche, con particolare attenzione agli aspetti legati alla sfera riproduttiva. 

Qual è la connessione tra diagnosi di tumore e rischio di non riuscire ad avere figli?
I trattamenti oncologici, e nello specifico la chemioterapia o la radioterapia assieme alla stessa chirurgia, possono costituire un pericolo per la salute riproduttiva di donne e uomini affetti da tumore.
La chemioterapia è un trattamento che ha come obiettivo primario quello di generare un danno cellulare permanente, che purtroppo non colpisce solo la sede del tumore, ma tutte le cellule del nostro organismo e quelle riproduttive ne sono particolarmente colpite.
I trattamenti radioterapici sortiscono effetti simili: l’irradiazione mirata della sede del tumore spesso comporta un danno a carico dei tessuti circostanti.

Le cure contro il cancro, dunque, a fronte di grandi benefici, possono determinare una condizione di sterilità secondaria.

Come si decide quale approccio adottare per preservare la fertilità in presenza di tumore?
La gestione multidisciplinare della paziente oncologica costituisce il punto di forza in tal senso. Il team coinvolge ginecologi, medici della riproduzione, oncologici e radioterapisti: insieme si valuta il trattamento più idoneo alla gestione della paziente in accordo con le principali linee guida nazionali e internazionali.

La diagnosi molto precoce di neoplasie della cervice uterina o dell’endometrio, oggi possono beneficiare di un trattamento chirurgico conservativo definito fertility-sparing, mirato appunto a preservare il più possibile la capacità riproduttiva, in quanto in grado di lasciare indenni gli organi della riproduzione.

Oggi è possibile poter proporre alle nostre pazienti tecnologie endoscopiche avanzate, come la laparoscopia 3D e la tecnica del linfonodo sentinella. Il risultato è una chirurgia minimamente invasiva tale da ridurre notevolmente i tempi di degenza ospedaliera, dare un miglior controllo del dolore post-operatorio e consentire un ritorno più rapido alle attività quotidiane. 
Quando la sede, il tipo, le dimensioni del tumore non consentono un approccio chirurgico fertility-sparing, è comunque possibile preservare la fertilità mediante metodiche di procreazione medicalmente assistita. 

Quali sono queste metodiche?
La crioconservazione degli ovociti rappresenta oggi la metodica di elezione da proporre a tutte le pazienti prima di sottoporsi a trattamento chemio/radioterapico. La procedura prevede una terapia medica di tipo ormonale, utile a consentire la maturazione a livello ovarico di più ovociti nello stesso momento, per avere quindi più ovulazioni rispetto al singolo ovocita maturo del ciclo naturale. 
Secondo le più recenti evidenze scientifiche, è ormai noto come la stimolazione ovarica possa essere intrapresa in qualsiasi momento del ciclo, indipendentemente dalla perdita mestruale. Questo a sua volta ci consente di non ritardare l’inizio delle terapie oncologiche.

Come metodica complementare è possibile proporre l’utilizzo di farmaci in grado di inibire l’attività ormonale ovarica. In questo caso si parla di soppressione ovarica, metodica certamente utile, ma non sostitutiva della crioconservazione degli ovociti. I dati oggi disponibili in letteratura, infatti, sono ancora poco chiari circa il reale beneficio in termini di preservazione della riserva follicolare ovarica. Si tratta di una strategia poco invasiva e di facile esecuzione che richiede la somministrazione mensile intramuscolare di un farmaco, per cui tutte le principali linee guida sono concordi nel raccomandarne l’utilizzo in tutte le pazienti in età fertile.

Esistono altre metodiche volte a preservare la fertilità?
Esiste la possibilità di congelare il tessuto ovarico, metodica oggi ancora sperimentale. Si tratta di una metodica che richiede un intervento chirurgico per il prelievo di una parte o di tutto l’ovaio. Il biologo esperto in biologia della riproduzione si occuperà della crioconservazione delle parti di tessuto. Completate le cure oncologiche, il tessuto conservato potrà essere re-inserito nella pelvi, mediante un secondo intervento chirurgico di laparoscopia. Si tratta di una tecnica oggi ancora oggetto di studio, utilizzata in pochi centri al mondo e che non è priva diproblematiche principalmente legate alla sopravvivenza del tessuto dopo trapianto, e al potenziale rischio di reimpianto di micrometastasi sviluppatesi a livello ovarico.

Tutte le linee guida nazionali ed internazionali enfatizzano l’importanza di un adeguato counselling sugli aspetti riproduttivi in tutte le pazienti con diagnosi di tumore al fine di poter dare loro la possibilità di intraprendere i percorsi ad oggi ben consolidati senza il timore di un allungamento dei tempi di inizio delle terapie di cura del tumore.

La prevenzione è fondamentale in campo oncologico: come agire nello specifico per i tumori ginecologici?
La diagnosi precoce costituisce l’elemento fondamentale che condiziona fortemente il percorso di cura e la prognosi di queste pazienti. Tuttavia, per alcune neoplasie ginecologiche ormai possiamo parlare anche di prevenzione primaria. Nello specifico, per il tumore alla cervice uterina, oggi ne conosciamo la causa: il Papilloma virus. Questo ha consentito di poter allestire dei vaccini da somministrare alle ragazze a partire dai 12 anni di età, prima dell’inizio dell’attività sessuale. Inoltre esiste la possibilità di fare il Pap-test: si tratta di un esame semplice e indolore che si può effettuare in occasione della valutazione ginecologica annuale di routine. Da anni rappresenta lo strumento diagnostico di screening del tumore della cervice in quanto ci consente di diagnosticare lesioni pre-neoplastiche e di trattarle prima che diventino una neoplasia invasiva.


In generale è importante non sottovalutare mai i sintomi e sottoporsi a regolari controlli ginecologici annuali.

C.F.

Data creazione: 
30/09/2021
Data di aggiornamento: 
30/09/2021
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