Una bambina di sette anni e mezzo giunge alla nostra osservazione perché nell’arco di due mesi ha praticamente smesso di parlare. Usa solo rari suoni onomatopeici ed un paio di parole, anche se comprende tutto. Sembrerebbe un’afasia ma in realtà si tratta di un mutismo, infatti la piccola è in grado di scrivere alcune parole e dei numeri sotto dettatura, oppure tenta di riprodurre le lettere con le mani per comunicare. La paziente richiama attivamente l’attenzione degli altri e s’inquieta quando i suoi bisogni non vengono compresi. La madre racconta che inizialmente la bambina tendeva a balbettare, poi ha iniziato ad omettere l’ultima sillaba delle parole e quindi ha smesso di parlare ma, sorprendentemente, è ancora in grado di canticchiare qualcosa.

Ci orientiamo immediatamente ad un’origine organica del disturbo, anche perché la paziente ha recentemente presentato un possibile episodio critico epilettico ed all’esame obiettivo neurologico sono evidenti alcuni movimenti coreici. Oltre a ciò la piccola è estremamente iperattiva e disinibita, dopo aver trascorso un periodo di mesi durante aveva manifestato sintomi che sembravano di origine psicogena (attacchi di riso e di pianto, estrema adesività alla madre, baby talk, necessità di riprendere un oggetto transizionale, paura delle situazioni sociali, incapacità di far fronte alle richieste scolastiche) per i quali era stata avviata ad un approfondimento psicologico.

Attraverso l’esame elettroencefalografico del sonno viene esclusa una sindrome di Landau-Kleffner (che tra l’altro si sarebbe dovuta manifestare attraverso un’afasia con un deficit di comprensione verbale). Viene esclusa una corea reumatica o sintomatica (la RMN dell’encefalo è normale e tutti gli indici di flogosi sono negativi). Ciononostante, viene effettuato un tentativo terapeutico con steroidi con risoluzione della corea e transitoria ricomparsa di singole parole. Anche il comportamento migliora.

Al follow-up la situazione clinica non risulta sostanzialmente migliorata, Considerando quindi la presenza di un deficit neuropsicologico, le modifiche compartamentali e la presenza di segni neurologici di tipo extrapiramidale, decidiamo di determinare la presenza di anticorpi antineuronali su sangue e su liquor ipotizzando una possibile encefalite autoimmune.

Gli esami documentano effettivamente la presenza di anticorpi anti NMDAR (N-Methyl-D-aspartate receptors- Recettori per il N-Metil-D-Aspartato), confermando quindi l’ipotesi diagnostica. Questi recettori sono localizzati in prevalenza sulla superficie dei neuroni, in particolare quelli dell’ippocampo e mediano alcune fondamentali funzioni come la trasmissione sinaptica ed il rimodellamento delle sinapsi e la ramificazione e la crescita della rete dendritica; mediano inoltre i meccanismi di eccitossicità.

Una recente revisione sui sintomi associati all’encefalite autoimmune da anticorpi anti NMDAR in età pediatrica riporta sintomi comportamentali nell’87% dei casi, movimenti stereotipati di tipo extrapiramidale nell’84% dei casi, fenomeni epilettici nel 77% dei casi ed una relativa compromissione dell’eloquio nel 53% dei casi (*)

 

Voce Bibliografica

Florance NR. et al.

Anti-N-methyl-D-aspartate receptor (NMDAR) encephalitis in children and adolescents.

Ann Neurol. 2009 Jul;66(1):11-8.

Amministrazione Trasparente