Il Burlo a Trieste Next 2025
Matteo Floris
, docente di Genetica Medica Università di Sassari

Ci sono conferenze in cui la genetica sembra una faccenda lontana, fatta di geni difficili e sigle impronunciabili. E poi ci sono quelle in cui capisci che riguarda te, i tuoi figli, il modo in cui prendi un antibiotico o reagisci a un farmaco.
È successo a Trieste Next, durante l’incontro dedicato alla farmacogenetica a cura dell'IRCCS Burlo Garofolo, con Matteo Floris docente di Genetica Medica all’Università di Sassari, Erika Cecchin direttrice della Struttura di Farmacologia Clinica e Sperimentale del CRO di Aviano e Gabriele Stocco, farmacologo del Burlo Garofolo e docente all’Università degli Studi di Trieste, che ha moderato il dialogo.
L’incontro prendeva le mosse dal progetto europeo U-PGx, che promuove l’integrazione dei test genetici nella pratica clinica.
Dietro un acronimo che sembra tecnico si nasconde un’idea semplice: capire in anticipo, grazie al DNA, quale farmaco funzionerà meglio per ciascuno di noi.

 

Intervista a cura della Direzione Scientifica - Direttore Scientifico Prof. Massimo Zeviani grazie al supporto della dott.ssa Lorenza Masè. Si ringrazia per le foto la dott.ssa Denise Zerjal.

 

 

 

 

 

La genetica non scrive il destino, ma cambia le probabilità

«Se una persona nasce con due copie mutate dello stesso gene, come nel caso della fibrosi cistica, sviluppa la malattia. È genetica in senso mendeliano, deterministico», ha spiegato Floris.
«Ma per la maggior parte delle malattie la genetica è probabilistica: non dice se, ma quanto è probabile che qualcosa accada — una malattia, un effetto collaterale, una diversa risposta a un farmaco».
La farmacogenetica, in questo senso, è una chiara traduzione clinica di questa probabilità.
Non cambia chi siamo, ma cambia come possiamo essere curati.

Il farmaco giusto per la persona giusta
L’idea è ribaltare la logica tradizionale: non più il farmaco al paziente, ma il paziente al farmaco.
Stesso antibiotico, stessa dose, due reazioni completamente diverse: uno guarisce, l’altro rischia un effetto tossico.
Una delle cause di queste differenze tra individui risiede proprio nel differente background genetico che osserviamo da persona a persona.
Conoscere il profilo genetico significa pertanto poter scegliere la terapia più efficace e sicura, ma anche evitarne una potenzialmente dannosa.

 


Un caso concreto: il test che evita la sordità nei neonati
Floris ha citato uno degli esempi più recenti e concreti di farmacogenetica applicata alla clinica: lo studio PALOH (Pharmacogenetics to Avoid the Loss of Hearing), condotto dal NHS e dall’Università di Oxford.
Nelle terapie intensive neonatali del Regno Unito, dove i bambini vengono trattati d’urgenza con antibiotici aminoglicosidici, i ricercatori hanno introdotto un test genetico rapido per individuare la variante m.1555A>G del gene MT-RNR1.
In chi porta questa mutazione, l’esposizione a quel tipo di antibiotico può causare sordità permanente.
Il test, che richiede appena 25 minuti, permette di identificarli in tempo reale e scegliere un farmaco alternativo.
Nel trial, su oltre 700 neonati, tre portatori della mutazione sono stati trattati in sicurezza, evitando un danno irreversibile.
«È la farmacogenetica che entra davvero in corsia», ha commentato Floris.
«Un test genetico che salva l’udito di un neonato e non ritarda la cura: questa è medicina di precisione, nella pratica.»

 


 

Oltre la sperimentazione: la routine che verrà
Oggi sono già disponibili test genetici per molti dei 30 farmaci più prescritti in Italia, secondo i dati AIFA.
Per altri farmaci meno diffusi, il test è obbligatorio prima della prescrizione (quando il rischio di tossicità è elevato o il farmaco è efficace solo in presenza di una determinata variante).
In altri casi è fortemente raccomandato, perché può prevenire inefficacia terapeutica o reazioni avverse.
Nonostante i progressi, ancora oggi tra il 30% e il 50% dei pazienti non risponde in modo ottimale ai farmaci. Non per mancanza di terapie, ma perché la loro genetica non coincide con quella per cui il farmaco è stato progettato.
In alcuni casi sono obbligatori prima della prescrizione; in altri, semplicemente consigliati.
Ma la strada è tracciata: la farmacogenetica non è più una curiosità di laboratorio, è una tecnologia di sicurezza clinica.
Floris ha ricordato che entro il 2030 la medicina di precisione sarà parte stabile della pratica medica. Non solo per le malattie rare o per l’oncologia, ma anche per le terapie di uso quotidiano.

 


Dal gene alla vita reale
In fondo, tutto si riduce a un cambio di prospettiva.
La farmacogenetica non promette l’infallibilità, ma un sistema sanitario più intelligente e meno casuale, dove le differenze individuali diventano strumenti di cura.
E forse, ascoltando Floris, si capisce che la scienza non è solo un insieme di formule o protocolli.
È, come direbbe lui con un sorriso, «il modo più umano che abbiamo per prenderci cura di qualcuno».


RIFERIMENTI:
1. PALOH Trial in UK: https://www.manchester.ac.uk/about/news/genetic-test-for-deafness-in-newborns-to-be-trialled-across-the-uk/
2. PREPARE TRIAL: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0140673622018414
3. Allen Roses sull’efficacia dei farmaci: http://news.bbc.co.uk/2/hi/3299945.stm
4. Frequenza dei ricoveri per effetti avversi: https://bmjopen.bmj.com/content/12/7/e055551

Data creazione: 
21/10/2025
Data di aggiornamento: 
21/10/2025

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