Trieste, fine settembre. Tra i gazebo affollati, le scolaresche con gli occhi pieni di domande e i ricercatori pronti a raccontare, anche quest’anno Trieste Next ha trasformato la città in un laboratorio a cielo aperto.
L’IRCCS Materno Infantile Burlo Garofolo ha portato tre attività che hanno unito curiosità e rigore, mostrando come la ricerca, quando esce dai reparti, possa diventare un’esperienza da vivere: tra visori di realtà virtuale, esperimenti di ascolto e un viaggio dentro il DNA.

Anatomia virtuale: dentro il corpo umano senza bisturi
Allo Spazio 21, con un visore di realtà aumentata, il pubblico ha potuto attraversare il corpo umano come in un racconto tridimensionale. Cuore, polmoni e arterie si potevano osservare da ogni angolazione, ruotare, esplorare.
L’esperimento, sviluppato al Burlo anche per la formazione del personale, ha mostrato quanto la Realtà Virtuale stia diventando uno strumento concreto per studiare l’anatomia e la fisiologia in modo interattivo, senza ricorrere a modelli statici o dissezioni.
Per gli studenti di medicina e infermieristica, queste tecnologie permettono di visualizzare organi e processi dinamici, riducendo gli errori e migliorando la comprensione delle strutture complesse. E al festival hanno avuto anche un effetto collaterale positivo: far scoprire ai più giovani quanto il corpo umano sia un capolavoro di ingegneria naturale.

Orecchie in classe: ascoltare è anche un fatto di scienza
Allo Spazio 22, i ricercatori della Struttura Complessa di Otorinolaringoiatria e Audiologia hanno aperto una finestra sul mondo dell’ascolto a scuola, mostrando — e facendo sperimentare — cosa significa davvero sentire in un’aula scolastica.
In media, il rumore in una classe può raggiungere anche i 70 decibel, l’equivalente di una strada trafficata. Per chi ha una difficoltà uditiva, questo significa cercare di seguire una lezione come se ci fosse sempre una radio accesa in sottofondo. Ma anche per chi sente bene, un ambiente acusticamente sfavorevole può compromettere attenzione, apprendimento e inclusione.
Attraverso quiz interattivi, un podcast realizzato da ragazze e ragazzi con impianti cocleari e apparecchi acustici, e la presentazione del sistema ABACO per la sottotitolazione automatica, i ricercatori hanno dimostrato come la tecnologia, unita a un approccio di tipo design for all, possa rendere l’ascolto in classe più efficace per tutti, studenti e insegnanti.
L’iniziativa si inserisce in un ampio progetto di ricerca portato avanti al Burlo Garofolo, che ogni anno coinvolge oltre 1000 bambini con deficit uditivi. L’obiettivo è duplice: migliorare la diagnosi e l’intervento precoce, ma anche promuovere un cambiamento culturale e strutturale nei contesti educativi, rendendo le scuole (e le università) più accoglienti dal punto di vista acustico.
Il messaggio che rimane è forte e chiaro: l’inclusione parte anche dall’ascolto. Sentire bene non deve essere un privilegio, ma un diritto per tutti.

 

Farmacogenetica e medicina personalizzata: la cura su misura
Allo Spazio 23, i visitatori hanno potuto scoprire cosa si nasconde dietro la parola “personalizzata”, quando si parla di medicina.
Tra giochi interattivi e piccole simulazioni, i ricercatori del Burlo hanno spiegato come la farmacogenetica studi il modo in cui le nostre variazioni genetiche influenzano la risposta ai farmaci.
In Italia, circa il 5% dei ricoveri ospedalieri è dovuto a reazioni avverse ai medicinali (Agenzia Italiana del Farmaco, Rapporto sulla sicurezza dei farmaci, AIFA). Capire in anticipo chi rischia effetti collaterali o risponde meglio a una terapia può cambiare il modo in cui si curano anche i pazienti più piccoli.
Al Burlo la farmacogenetica è al centro di diversi progetti di ricerca che mirano a ottimizzare le terapie nei bambini, adattando dosaggi e trattamenti alle caratteristiche genetiche individuali. Un approccio che punta a ridurre gli effetti collaterali e a migliorare l’efficacia delle cure.

La curiosità come cura
Alla fine, il senso di Trieste Next è tutto qui: mettere in contatto la ricerca con le persone.
Nei tre spazi del Burlo, bambini e adulti hanno potuto sperimentare cosa succede quando la tecnologia, la medicina e la curiosità si incontrano.
E anche se i visori ora sono spenti e le orecchie riposano, resta la sensazione che la scienza, quando si lascia toccare e raccontare, diventi più vicina — e più utile — a tutti.
“La scienza non è un museo di certezze, ma una palestra di domande”. E il Burlo, a Trieste Next, ha insegnato proprio questo: che fare ricerca significa continuare a chiedersi come migliorare la vita, una scoperta alla volta.

Data creazione: 
21/10/2025
Data di aggiornamento: 
21/10/2025
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