La fertilità della donna dopo il tumore ginecologico

Una diagnosi di cancro ha sempre un grave impatto sulle persone. Fino a non molti anni fa, l’unico desiderio era quello di sconfiggere il cancro. Il progresso delle cure ha portato a un significativo aumento del numero delle persone che sopravvivono al tumore. Un’importante percentuale di queste è costituita da uomini e donne in età riproduttiva, che non hanno avuto figli o desiderano avere altri figli. Pertanto, oltre a guarire dalla neoplasia, al momento della diagnosi è necessario affrontare anche il tema della possibile infertilità causata dal trattamento. Infatti, è ben descritto in letteratura che quest’ulteriore complicanza della neoplasia può avere un impatto negativo sulla sfera psichica, sessuale e sociale e quindi compromettere la qualità della vita.
Le neoplasie ginecologiche sono il quarto tumore più frequente in età fertile e si stima che ogni anno in tutto il mondo vengano diagnosticati un milione e centomila nuovi casi in questa fascia di età.
Secondo i dati della rete dei Registri tumori dell’AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), in Italia ogni anno vi sono 5.179 casi di tumore ovarico, con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 40%, 2.365 casi di tumore della cervice uterina con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 68% e 8.335 casi di tumore del corpo dell’utero con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 77%.
Il tumore ovarico nel 15% dei casi riguarda donne in età fertile, il tumore della cervice in circa la metà dei casi è diagnosticato in questa epoca della vita, mentre solo il 5% dei tumori dell’endometrio insorge in donne con meno di 45 anni. Pertanto, ogni anno in Italia un considerevole numero di donne riceve una diagnosi di tumore ginecologico in età riproduttiva. Peraltro, negli ultimi decenni mutamenti sociali, culturali ed economici hanno spostato la ricerca della prima gravidanza in avanti. Inoltre, con la diffusione delle procedure di ovodonazione, un sempre un maggior numero di donne richiedono la gravidanza anche nella quinta decade di vita. Tutto ciò fa sì che una crescente percentuale di donne con tumore ginecologico al momento della diagnosi non abbia ancora completato il progetto riproduttivo.
Per offrire l’opportunità di una futura gravidanza alle donne con neoplasia ginecologica esistono diverse opzioni.
La prima, per le donne che devono rimuovere chirurgicamente le ovaie o eseguire trattamenti chemio e/o radioterapici che distruggono la fertilità, consiste nel tentare di crioconservare gli ovociti, procedura ormai consolidata, o il tessuto ovarico, procedura però ritenuta ancora sperimentale, o eseguire la soppressione della funzione ovarica con gli analoghi del GnRH, trattamento però non di sicura efficacia.
La seconda possibilità è quella di eseguire una chirurgia o una terapia fertility sparing, abbinata eventualmente, ove possibile, alle procedure preservazione della fertilità. L’applicazione dei protocolli di trattamenti fertility sparing è subordinata allo stadio e al grado di malignità della neoplasia. Tali trattamenti fino ad alcuni anni fa erano applicabili solo agli stadi molto iniziali e con caratteristiche molto favorevoli della neoplasia. Recentemente, con le procedure di preservazione della fertilità e la possibilità di accesso all’ovodonazione, possono essere eseguiti anche in stadi un po' più avanzati.
Le casistiche mondiali indicano che i risultati dei trattamenti fertility sparing sono molto incoraggianti.
Il 40-45% delle donne con tumore ginecologico dopo tali trattamenti riesce ad avere una gravidanza, con una percentuale di bambini in braccio del tutto simile a quella della popolazione generale. Infatti, le percentuali di aborti spontanei o volontari e di gravidanze ectopiche sono sovrapponibili a quelle che si riscontrano nelle donne senza pregressa neoplasia.  In particolare, il 39% delle donne con tumore della cervice uterina, il 46% delle donne con tumore dell’endometrio, il 37% delle donne con tumore ovarico riesce a concepire. Globalmente, nel 75% dei casi la gravidanza si conclude con la nascita di un bambino vivo.
La maggior parte delle linee guida internazionali raccomanda di attendere 2 anni dalla fine del trattamento prima di cercare una gravidanza, ma la definizione che tempistiche deve essere discussa attentamente dal team multidisciplinare che segue la paziente. E lo stesso modo è necessario che la gravidanza sia accuratamente monitorata e l’eventuale ricorso a procedure di procreazione medicalmente assistita venga discusso da tutti gli specialisti che hanno in carico il caso.
Negli ultimi anni si sono costituite in molti ospedali le unità di onco-fertilità. Queste prevedono l’intervento di molte figure: oncologi, chirurghi, radioterapisti, psicologi, medici della riproduzione e altri specialisti, che si fanno carico di valutare l’aspetto riproduttivo nell’ambito della gestione della neoplasia. È fondamentale che alla donna in età fertile sia garantita prima del trattamento una consulenza adeguata riguardo le conseguenze sulla capacità riproduttiva e le possibilità di tentare di preservare la fertilità.
L’IRCCS Burlo Garofolo in sinergia con l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) offre alle donne con tumori dell’apparato genitale in età riproduttiva i trattamenti fertility sparing chirurgici e, in alcuni casi di tumore dell’endometrio, anche i trattamenti medici più avanzati. Nello stesso tempo offre la possibilità di preservare la fertilità con il congelamento degli ovociti, o nei casi in cui questa non sia realizzabile, offre la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita con ovodonazione.
Le procedure di preservazione della fertilità sono garantite nell’IRCCS anche per adolescenti e donne affette da altre neoplasie, soprattutto ematologiche e mammarie, e per maschi soprattutto affetti da neoplasie ematologiche e urologiche, in stretta collaborazione con gli specialisti oncologi pediatrici dell’Istituto e gli specialisti di ASUGI dell’adulto delle varie branche, quali ematologia, chirurgia generale, urologia ed altre. Nella maggior parte dei casi tali procedure sono perfettamente applicabili in quanto non interferiscono con quelli che sono i percorsi di cura normalmente previsti.

Link alla videointervista con la dott.ssa Gabriella Zito

Testo scritto da : 

  • Prof. Giuseppe Ricci SCU Clinica Ostetrica e Ginecologica
  • Dott. Federico Romano SCU Clinica Ostetrica e Ginecologica
  • Dott.ssa  Gabriella Zito SCR Fisiopatologia della Riproduzione e Procreazione Medicalmente Assistita

 

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Data di pubblicazione: 
Mercoledì, 3 Febbraio, 2021
Data di aggiornamento: 
Mercoledì, 3 Febbraio, 2021

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