L’alcol è una sostanza di ampio consumo, facilmente reperibile e associata alla convivialità; consumare alcol occasionalmente e moderatamente fa parte delle abitudini alimentari sia in contesti famigliari che sociali ed è spesso percepito come privo di rischio per la salute nel breve e nel lungo termine, sia tra la popolazione sia tra gli operatori socio sanitari. Questa percezione di rischio per la salute cambia e assume una connotazione negativa generalmente solo quando il consumo è cronico o c’è una dipendenza.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha individuato nella gravidanza e allattamento due momenti di particolare vulnerabilità all'esposizione all’alcol sia per la madre sia per il feto con possibili conseguenze per la salute nel lungo termine. Infatti sono stati individuati nel report 2012-2020 obiettivi europei specifici per l'implementazione dei servizi di prevenzione in ostetricia e ginecologia e di supporto diagnostico terapeutico alle famiglie di persone affette dallo Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (FASD)

La FASD è una disabilità permanente neurocognitiva conseguente all'esposizione all'etanolo in utero di cui la Sindrome Feto Alcolica o FAS ne è la forma clinica più grave e pienamente espressa

L’ alcol infatti passa sempre la barriera placentare,  a prescindere dall’epoca gestazionale, dalle unità alcoliche assunte o dal tipo di bevanda alcolica; anche un consumo occasionale e moderato può avere conseguenze permanenti e irreversibili sul nascituro a causa dell’azione embriotossica e teratogena dell’etanolo. Il feto infatti, avendo una bassa attività enzimatica, non è in grado di metabolizzare la molecola alcolica per cui l’alcolemia fetale è sovrapponibile all’alcolemia materna. Si può quindi affermare che quando la mamma beve anche il bimbo “beve”.

Tuttavia i dati ad oggi disponibili da revisione sistematica e meta analisi della letteratura internazionale, indicano che il 10% delle donne in gravidanza consuma in qualche momento della gravidanza alcol in forma moderata o occasionale, mentre il rapporto dei nati con FASD è di 1:67 e dei nati con FAS di 1:300 (dati ISTAT da revisione sistematica e meta analisi della letteratura (Popova S, et al. 2017). E’ altresì verosimile che questi siano sottostimati per il numero limitato di studi effettuati, per la  metodologia utilizzata nella raccolta dei dati, per la variabilità dei fattori e determinanti socio ambientali presi in considerazione, per l’assenza di un’ anamnesi alcologica materna mirata nella diagnosi differenziale di FASD e per l'inconsapevolezza da parte della popolazione e degli operatori socio sanitari dei possibili danni per la salute materno infantile legati al consumo di alcol anche quando è minimo o occasionale.

Al fine di promuovere una campagna di sensibilizzazione e prevenzione della  FASD,  l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha avviato lo studio CCM 2019 “prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (FASD) e della Sindrome Feto Alcolica (FAS) “ coordinato dalla Dr.ssa Simona Pichini, Direttrice dell’Unità di Farmaco Tossicologia analitica del Centro nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità e Coordinatore tecnico del Sistema Nazionale di Allerta Precoce sulle nuove sostanze psicoattive, con gli obiettivi di monitorare il reale consumo di alcol in gravidanza ed esposizione all’etanolo in utero, di sensibilizzare la popolazione sui danni alcol correlati per la salute materno infantile e di formare il personale socio sanitario sulla prevenzione, diagnosi e il trattamento mirato della FASD.

Il progetto ha visto coinvolte sei Unità Operative (UO), distribuite per aree geografiche di competenza, che hanno attivato a loro volta centri collaboratori in tutta  Italia con lo scopo di mappare e fotografare idealmente il reale consumo di alcol in gravidanza e attivare successivamente interventi ad hoc sia di sensibilizzazione alla popolazione sia di formazione del personale sociosanitario come da obiettivi. 
L’ IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, con responsabile scientifico Prof. Giuseppe Ricci, in qualità di UO, ha coordinato l'attivazione dello studio nel Nord est e Lombardia per la formazione del personale di 14 centri collaboratori, per il monitoraggio della raccolta dei campioni e per l’attuazione dei progetti di sensibilizzazione alla popolazione in loco sotto la guida della Dr.ssa Laura Travan e Dr.ssa Sheherazade Lana.
Il reclutamento ha previsto il coinvolgimento di 2000 gestanti e 2000 neonati su territorio nazionale senza criteri di esclusione specifici, proprio perché l'obiettivo è di monitorare il reale consumo di bevande alcoliche in gravidanza, non tanto quando è nota una dipendenza, ma quando il consumo di alcol fa parte dell’abitudine alimentare  di una persona intesa come stile di vita; si pensi ad esempio all’ aperitivo, al brindisi in occasioni speciali oppure al bicchiere di vino a  pasto o alla birra associata alla pizza. Frequentemente il consumo della bevanda alcolica non viene percepita come tale, in quanto parte del pasto stesso; queste abitudini alimentari, legate alla socialità e convivialità familiare, spesso si protraggono proprio dal pre concepimento alle prime fondamentali settimane di gestazione, ovvero quando la gravidanza ancora non è stata accertata.
Lo studio prevede la raccolta di dati sia soggettivi che oggettivi; infatti alle donne è stato proposto sia un questionario sulle proprie abitudini alimentari prima e durante la gravidanza, sia di donare un campione biologico, o una ciocca dei loro capelli o un campione di meconio delle prime ventiquattro ore del neonato, per la ricerca in laboratorio, presso l’Unità di Tossicologia Analitica dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’etilglucuronide, un biomarcatore specifico del metabolismo dell’alcol.

Il reclutamento, ancora in corso in alcuni centri, racchiude lo scopo del progetto, in quanto include tutti e tre gli obiettivi, perché, a prescindere dalla volontà poi delle gestanti o neomamme di aderire allo studio proposto,  è stato strutturato per essere soprattutto momento di comunicazione tra operatori socio sanitari formati e popolazione, per trasmettere un messaggio chiaro e obiettivo basato su evidenza di prevenzione rivolto a tutte le donne e alle loro famiglie sui danni permanenti alcol correlati per la salute neonatale e come prevenirli. Il reclutamento è stato pensato per essere sempre un’occasione di intervento minimo di sensibilizzazione, fondamentale per cambiare il paradigma culturale secondo cui “piccola dose piccolo danno” e trasformarlo in “zero alcol zero FASD”.
I centri, a questo scopo, sono stati invitati a distribuzione i poster e le  brochure informative sulla FASD, prodotti in collaborazione tra ISS e Unità Operative, da affiggere presso tutti i punti nascita, le sale d’attesa del Centro Unico di Prenotazione (CUP) e del centro prelievi, la Terapia Intensiva Neonatale (TIN), gli ambulatorio di ostetricia e i consultori.

Al fine di raggiungere gli obiettivi di formazione e sensibilizzazione, sono stati attivati numerosi interventi di formazione del personale socio sanitario, proprio per formare ostetriche, pediatri, medici di base, ginecologi, assistenti sociali e psicologi, inclusi corsi a media interazione e gratuiti dell’ISS, giornate studio rivolte agli operatori coinvolti direttamente nel reclutamento o agli studenti dei corsi di laurea triennale in ostetricia, medicina e chirurgia.
In particolare l’ Unità Operativa 3 IRCCS Burlo Garofolo di Trieste per il Nord est e la Lombardia ha contribuito attivamente pubblicando, anche in occasione della Giornata Mondale sulla FASD del 9 Settembre, comunicati stampa e interviste su tutti i canali social dell’Istituto allo scopo di promuovere consapevolezza nella popolazione.

Pur essendo ancora in corso la raccolta dei dati, i primi risultati parziali del monitoraggio nazionale sono stati presentati direttamente dalla Dr.ssa Simona Pichini in occasione del workshop sulla FASD nelle giornate del 9 e 10 Maggio 2022 presso la sede dell’Istituto Superiore di Sanità a Roma, con la collaborazione e partecipazione di numerosi operatori, che hanno contribuito direttamente all’attuazione del progetto, dell’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (AIDEFAD) che supporta e mette in contatto persone con FASD, e di tante famiglie intervenute,  per fare il punto sui percorsi di diagnosi e  trattamento multidisciplinare mirato attualmente attivi sul territorio nazionale attraverso la condivisione diretta delle esperienze.
Ancora oggi troppo spesso la diagnosi differenziale di FASD è tardiva, misconosciuta e confusa con altri disturbi cognitivi, dell’apprendimento o dello spettro autistico, per cui sono necessari altri percorsi diagnostici multidisciplinari e di trattamento.

Questo progetto, a cui hanno aderito con entusiasmo non solo i centri collaboratori, ma la popolazione a cui è stato proposto, è ambizioso e necessario perché è il primo progetto nazionale a raccogliere dati oggettivi sulla situazione nazionale in  merito al consumo di alcol in gravidanza e evidenzia quanto sia necessario intervenire sulla formazione degli operatori della salute per prevenire la FASD, generando consapevolezza nella popolazione, perché lo Spettro dei Disturbi Feto Alcolici si previene con un piccolo gesto, quello di rinunciare al bicchierino ogni tanto. No alcol, no FASD.

 

Contributo da parte di:

Ostetrica Dr.ssa Sheherazade Lana - responsabile reclutamento e raccolta campioni UO3 IRCCS Burlo Garofolo Trieste per Nord est e Lombardia – Dipartimento Materno - neonatale, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste

Prof. Giuseppe Ricci – Direttore Dipartimento Materno – neonatale, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste

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Data di pubblicazione: 
Venerdì, 9 Settembre, 2022
Data di aggiornamento: 
Venerdì, 9 Settembre, 2022

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